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Anteprima di “American Pastoral” con Ewan McGregor e Jennifer Conelly nella capitale

03/10/2016 | Interviste |
Anteprima di American Pastoral con Ewan McGregor e Jennifer Conelly nella capitale

Anteprima romana questa mattina per American Pastoral, esordio alla regia dell’attore Ewan McGregor che interpreta il film accanto a Jennifer Connelly e Dakota Fanning.
Tratto dal libro-capolavoro di Philip Roth vincitore del Premio Pulitzer, il film narra la storia di Seymour Levov detto ‘Lo Svedese’ un uomo che dalla vita ha avuto tutto: bellezza, carriera, soldi, una moglie ex Miss New Jersey e una bambina a lungo desiderata. Ma il suo mondo va in pezzi quando la figlia ormai adolescente è accusata di un atto terroristico che provoca una vittima. Come è possibile che una tragedia di questo tipo sia accaduta proprio allo Svedese, colui che per tutta la vita ha incarnato il Sogno Americano?
 
All’affollata conferenza stampa seguita alla proiezione il regista e interprete Ewan McGregor si è presentato alla stampa insieme alla bellissima Jennifer Connelly sua compagna sul set del film.
American Pastoral uscirà nelle sale il 20 ottobre distribuito da Eagle Pictures in 200 copie.

La prima domanda è per Ewan McGregor. Come hai scelto le attrici che interpretano alle diverse età Merry, la figlia del protagonista?
Ewan McGregor: “Per Merry avevamo bisogno di tre attrici diverse per tre età diverse: a 7 anni, a 13 anni e a 16 anni. Sapevo già che Merry da grande sarebbe stata interpretata da Dakota Fanning anche se in realtà Jennifer Connelly è stata la prima a entrare nel cast del film. Sapevo quindi a chi dovevano somigliare le bambine che avrei preso per il ruolo. Abbiamo visto diversi video di provini, alcuni devo dire che facevano un po’ paura. Alla fine tra 5-6 finaliste abbiamo fatto delle letture con loro, volevo vedere chi poteva discostarsi dal lavoro che si era preparata. Anche la ragazza che interpreta Merry a 13-14 anni è sorprendente”.

Per Jennifer Connelly che ricordo hai di quando hai ballato con David Bowie nel film “Labyrinth”?
Jennifer Connelly: “Ero molto giovane e non avevo mai ballato, non avevo mai fatto danza, e poi avevo abito così pomposo che creava problemi ma lui è stato meraviglioso, gentile e dolce, è diventato il mio eroe”.

Una domanda per Ewan McGregor. Puoi dirci qualcosa di questa tua prima esperienza davanti alla macchina da presa?
Ewan McGregor: “E’ stata un’esperienza che mi ha radicalmente cambiato vita. Da anni volevo fare questa esperienza, queste conversazioni altamente creative soprattutto all’inizio con lo sceneggiatore mi hanno molto stimolato. Ci sono stati contatti creativi con scenografo, costumista, direttore della fotografia, truccatore, poi mi entusiasmava lavorare con gli attori. Tutte le scene le abbiamo costruite insieme. Ho trovato eccitante poter realizzare davanti alla macchina da presa la visione di un film che avevo nella mente. Non potrei essere più felice anche perché ho scoperto tutto quello che c’era dietro le quinte, ho scoperto che il regista ha un vero lavoro gestionale, deve gestire le paure degli attori e tornare a casa con le sue. E’ stata un’esperienza che mi ha fatto crescere molto”.

Una domanda per entrambi. Quanto avete messo in questo film della vostra esperienza di genitori?
Ewan McGregor: “Sa fai l’attore attingi dalla tua esperienza, anche se fai il padre attingi dalla tua esperienza”.

Jennifer Connelly: “Il personaggio di Dawn non mi somiglia né rappresenta, né come persona né come madre. Ma questo mi attraeva molto, mi piace molto immergermi in un mondo diverso dal mio. In questo caso mi ha commosso essere Dawn, ho provato pena per il suo malessere e ho dato tutta me stessa per farlo emergere”.

Una domanda per Ewan McGregor. Tra i tanti registi con cui hai lavorato a chi pensa di avere “rubato” il mestiere di regista?
Ewan McGregor: “Per oltre 24 anni il mio lavoro mi ha fatto venire a contatto con una grande quantità di registi e sicuramente ho imparato da tutti anche quelli meno talentuosi. L’attore si trova in una posizione privilegiata perché ti dà la possibilità di vedere cosa funziona e cosa no. Danny Boyle mi ha definito come attore, la cosa più importante di lui è che quando ti guardava, guardava quello che tu stavi facendo ed era pronto a cogliere quello che volevi esprimere ed è la cosa più importante per un attore. Certo è che essere un buon regista dipende dalla sua personalità, lavorare in un film è un lavoro di collaborazione, talvolta si crea una magia che permette al cinema di farsi”.

Questo film racconta un po’ il tramonto del ‘sogno americano’, una eventuale vittoria alle elezioni presidenziali di Trump lo vedi come il definitivo tramonto di quel sogno?
Ewan McGregor: “Il film racconta la generazione del 'sogno americano' degli anni '50 che entra in rotta di collisione con la generazione successiva degli anni ’60, quella che ha vissuto la guerra del Vietnam. Il film mostra lo scenario della prevaricazione sulle sommosse dei neri. Ad esempio la scena della sommossa dei neri attaccata dalla polizia fuori dalla fabbrica del protagonista può avere dei richiami al presente ma non era assolutamente intenzionale. Non ho capito il riferimento all’attualità e alla candidatura di Donald Trump. Io sono scozzese e non so che dire”.

Perché hai affrontato un romanzo così importante e denso di significati?
Ewan McGregor: “E un romanzo straordinario, la prima cosa che ho letto è stato l’adattamento di John Romano (sceneggiatore del film ndr) che mi ha provocato lacrime. Il fatto di essere padre di quattro figlie e il fatto che sia una storia di una famiglia e di una figlia perduta mi ha preso molto”.

Ci puoi dire qualcosa sull’ultimo Trainspotting?

Per Trainspotting abbiamo girato questa estate, sono stato felice di essermi ritrovato con tutti gli attori”.

Elena Bartoni

 

 


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