I mercenari 3 – The Expendables – Recensione
Testosterone a mille in un accumulo di star che diventa una sorta di metafora e di passaggio di testimone tra il cinema d’azione che fu (Stallone-Schwarzenegger-Ford-Gibson) e quello che è e sarà (Lutz-Ortiz-Rousey) con Statham a fare da ponte tra le due generazioni. I Mercenari 3 diretto da Patrick Hughes non è niente di più e niente di meno di quello che ci aspettiamo di vedere: un divertissement pieno di esplosioni e muscoli, con tanto di minima quota rosa.
Barney (Sylvester Stallone) e il suo gruppo si trovano a dover fronteggiare Conrad Stonebanks (Mel Gibson) diventato, dopo aver fondato i Mercenari, uno spietato mercante d’armi che si credeva ormai morto. Stonebanks vuole distruggere i Mercenari, ma Barney ha un’idea; arruolare delle nuove leve facendo scontrare il nuovo mondo con il vecchio.
Ancora una volta la saga dei Mercenari prosegue la sua ‘operazione nostalgia’ cercando di rimettere in auge, o semplicemente di riportare sullo schermo, quel tipo di action movie degli anni Ottanta tanto caro a Stallone e a Schwarzenegger, cercando però di fare un passo ulteriore ed inevitabile.
Creare un altro team parallelo alla vecchia guardia, fatto di giovani ‘eredi’ che creano quel collegamento necessario con i film d’azione contemporanei.
Nonostante, però, sequenze ben costruite e ricche di adrenalina, la sensazione che si ha è che non si raggiunga mai l’obbiettivo di epicità che il film vorrebbe avere, cercando di essere forzatamente moderno.
Il problema sta, principalmente, nell’accumulo di star (ogni volta maggiore) e il bisogno di dover saltare da un personaggio all’altro per riuscire a dare a tutti una caratterizzazione e lo spazio necessario. Ma avendo un numero esagerato di attori si perde il senso di tutto, proponendoci grandi stereotipi, qualche scena ben riuscita e niente di più.
I Mercenari 3 finisce per essere un film fatto di individualità che difficilmente riescono a trasformare la pellicola in qualcosa di corale, dove, addirittura, per alcuni degli evergreen ci si trova davanti a caricature di loro stessi e non dei personaggi che dovrebbero interpretare. E così si perde di vista l’anima delle pellicola che diventa un ‘esposizione’ di star e non, come dovrebbe essere, di personaggi.
Sara Prian