Se chiudo gli occhi non sono più qui – Recensione
Adolescenza che spezza, adolescenza che separa in una location che diventa metafora proprio di separazione, non solo territoriale, ma soprattutto dell’anima. Questo è Se chiudo gli occhi non sono più qui di Vittorio Moroni che riesce, con estrema intelligenza, a ritagliarsi un posto tra quei cineasti che sanno come parlare dei “teens” senza risultare mai banali, dando uno sguardo a volte crudo a volte incantato di quell’età.
E lo fa attraverso la storia di Kiko (Mark Manaloto), un 16enne italo-filippino, che ha perso il padre durante un incidente ed è costretto a vivere con la madre e il suo nuovo compagno Ennio (Beppe Fiorello), che sfrutta immigrati clandestini in un cantiere. Kiko ha bisogno di evadere, non ce la fa dopo scuola a continuare a lavorare per il patrigno, così si costruisce un suo rifugio all’interno di un autobus abbandonato. Ma sarà l’incontro con un vecchio amico del padre, Ettore (Giorgio Colangeli), a cambiare per sempre la sua vita.
Malinconico, ma anche speranzoso. Se chiudo gli occhi non sono più qui è un buonissimo ritratto dell’adolescenza, dove Moroni riesce a rappresentare con sapienza lo spaesamento che sentono i ragazzi in un’adolescenza che comincia sempre prima, ma che anche finisce sempre più là.
Tutto viene descritto con estremo realismo, la personalità di Kiko, interpretata da un convincente Mark Manaloto, è ben costruita e riesce a trasmettere quel senso di doppia divisione dell’animo del giovane che si trova in una via di mezzo tra l’essere adulto e ancora bambino e tra l’essere italiano e filippino.
E’ la stessa vita di Kiko a proseguire divisa, per lui non esistono i mezzi toni: suo padre non può avere dei lati oscuri, lui è stato un bravo padre e basta, o è tutto bianco o è tutto nero.
Ma se da un lato è proprio la caratterizzazione dei suoi protagonisti il punto di forza della pellicola, sembrano invece stonare gli inserimenti poetici di cui è cosparso il film, risultando troppe volte forzati, scontrandosi con il realismo e la solida struttura narrativa.
Se chiudo gli occhi non sono più qui, nonostante questi momenti di autocompiacimento, e di virtuosismi narrativi stonati, è una buona opera, che racconta con il giusto equilibrio la crescita di un ragazzo diviso tra due nazioni e tra presente e passato, che impara a proiettarsi nel futuro.
Sara Prian