La trattativa – Recensione
Ambizioso e leggermente provocatorio: questo è La Trattativa, dove Sabina Guzzanti dimostra di aver affinato la tecnica nel sapere mixare diversi linguaggi regalandoci un film che, oltre ad offrire una delle tante possibile letture di un pezzo di storia italiana, è un vero e proprio interessante esperimento cinematografico.
Un gruppo di attori mette in scena alcuni episodi della vicenda stato mafia, interpretando loro stessi dei mafiosi o dei magistrati, oppure vittime, massoni, assassini, agenti, portando sullo schermo uno spaccato del periodo chiamato “stagione delle bombe”.
La Trattativa, dobbiamo dirlo fin da subito, non è un film semplice da mettere in scena e Sabina Guzzanti si è presa il rischio di giocare con i diversi linguaggi, dimostrando ambizione e voglia di dare una sua versione degli ultimi 20 anni anni dell’Italia. Ma sia chiaro: la sua è solo una delle tante letture possibili.
A noi, che siamo qui per criticare un film, quello che deve interessare maggiormente è il punto di vista cinematografico con cui la poliedrica regista affronta un tema ostico. E’ affascinante, quanto interessante, notare come la Guzzanti, in questi anni, abbia fatto suoi i linguaggi teatrali, documentaristici e della fiction e riesca a farli confluire in questa pellicola, saltando da un registro all’altro, a volte senza che la struttura narrativa segua, per forza di cose, la cronaca degli eventi.
Il tutto parte da un momento di fiction, fino a che il “velo” si distrugge e la cronaca documentaristica irrompe sulla scena teatrale. Il più delle volte non c’è continuità in quello che ci mostra la regista: c’è un momento di fiction e, dal nulla, spunta un’intervista, a volte si interroga addirittura il pubblico.
Questa decisione di messa in scena potrebbe anche infastidire lo spettatore, ma denota un estremo controllo di mezzi da parte della Guzzanti, che si mette in gioco sotto diversi punti di vista.
Dobbiamo tenere anche ben presente che è evidente come la cineasta voglia proporre una propria tesi, una sua particolare chiave di lettura ed è proprio per questo che non possiamo definire La Trattativa come un film puramente documentaristico. La Guzzanti non dimentica mai di far presente allo spettatore che quella che sta vedendo è una delle tante possibilità e lo invita a farsi una sua idea, a partire da quello che vede per crearsi una sua opinione.
La Trattativa è un’opera rischiosa, che può piacere oppure no, ma che dimostra, con estrema efficacia, come Sabina Guzzanti sappia ormai gestire registri differenti con scioltezza, regalandoci una narrazione ritmata, che non perde mai il filo del discorso e che riesce a rendere una cosa sola i diversi linguaggi, in un’opera che, prima di essere divulgativa è puramente, cinematografica.
Sara Prian