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Piccole crepe, grossi guai – Recensione

Più che comedy, dramedy, Piccole crepe, grossi guai del regista Pierre Salvadori, è il piccolo gioiellino francese che arriva sui nostri schermi questa settimana e si impone come film intimo che parla di una quotidianità e dei problemi comuni, francesi così come italiani, impreziosito da una sottile comicità, ma con un risvolto, dolceamaro.

Il protagonista è Antoine (Gustave Kervern) un ex musicista rock, sceso dal palcoscenico che decide di cambiare vita e trova lavoro in un condominio parigino. Depresso, insonne e consumatore di cocaina, Antoine diventa il portinaio di una piccola comunità, molto particolare ed altrettanto instabile. Tra loro c’è Mathilde (Catherine Deneuve), la moglie di Serge (Féodor Atkine), ossessionata dal voler aiutare il prossimo, ma soprattutto da una crepa in salotto. Tormentata dalla depressione, la donna aiuterà Antoine, che a sua volta farà di tutto perché Mathilde non scivoli nella follia.

Un piccolo quartiere parigino, un palazzo argilloso e fragile, un cortile dove si incontrano e scontrano i suoi abitanti, anch’essi con manie e crepe morali ed un uomo depresso e fragile, che con il suo arrivo diventa il collante di questo microcosmo confusionario e demoralizzato.

Questo è Piccole crepe e grossi guai, una sofisticata dramedy che gode di un’ottima originalità, che soffermandosi sui problemi comuni delle persone semplici li eleva, dà loro importanza e li fa sentire propri anche allo spettatore, così come le paure, le ansie e le vicissitudini personali degli inquilini di quel palazzo.

Mathilde, una Catherine Deneuve che intenerisce, è colei che maggiormente rappresenta il disagio e l’apprensione, ma nel palazzo ci sono anche i preoccupati Serge, marito di Mathilde, il signor Maillard, che si lamenta di qualsiasi cosa, l’ex calciatore ormai in rovina, Stéphane, Vigo, il cieco che vive da solo in un mondo nero e “l’Illuminato” Lev, un profugo che sopravvive in una continua instabilità economica.

Tutti cercano una svolta, una motivazione che li faccia andare avanti, una persona che li stimoli, uno spiraglio di luce che potrebbe uscire proprio da quella crepa che incute tanto timore.

Quel cortile bianco e quel piccolo spazio intimo e quotidiano invece, finiscono per far breccia nel cuore dello spettatore, che se da una parte riuscirà a farsi qualche risata con un umorismo sottile che avviluppa la narrazione, dall’altra, proprio come le crepe del palazzo, si ritroverà con degli squarci nel cuore.

Malinconico, riflessivo, ma leggero, Piccole crepe, grossi guai è una commedia cupa, che è in grado di emozionare, di prendere con sé lo spettatore, invitarlo in quel palcoscenico dell’animo umano, che è quel palazzo e farlo soffermare sulle piccole cose, dando vita ad una pellicola delicata, genuina e godibile.

Alice Bianco

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