Fino a quì tutto bene – Recensione
Un gruppo di ragazzi, a lungo coinquilini nel periodo degli studi, è giunto all’ultima giornata di convivenza prima di imboccare ciascuno la propria strada. Amarezze, gioie, problemi e sprazzi di goliardia. Armato di garbo affettuoso e ambizioni volenterose,Il regista Roan Johnson (che ricordiamo per “I primi della lista”) racconta uno spicchio dell’italica gioventù al tempo della crisi economica. Nonostante la voluta alternanza di serio e faceto, il registro espressivo rientra nella inconfondibile categoria del “finto documentario”. Ecco dunque una regia permanentemente sui personaggi, a scrutarne le emozioni e metterne in rilievo le sfumature caratteriali, ma anche la centralità dei primi piani (sostenuti da attori adeguati, per fortuna) e della descrizione ambientale. Non è esente da difetti, facili da elencare: qualche luogo comune; alcune inverosimiglianze, naturale conseguenza della necessità di conciliare verità ed intrattenimento (le battute sono chiaramente scritte per far ridere terzi, ovvero un pubblico in sala) e minuti finali tirati un po’ per le lunghe. Debolezze compensate da dialoghi spiritosi e vivaci, oltre che dal gioco di squadra dell’affiatato e ben assortito cast (la diversità regionale e di accento è qui un valore aggiunto). Opera tipica da festival, ma dotata di leggerezza e intensità.