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Una folle passione – Recensione

Dal romanzo “Serena” di Ray Rash. Negli USA del 1929 i coniugi George e Serena Pembleton, appena sposati, si trasferiscono da Boston ai monti del North Carolina. Mossi dall’ambizione di creare un impero del legname, affrontano imprevisti ed ostacoli eliminando chiunque si metta sulla loro strada. Quando Serena scopre il passato segreto di George, la loro unione si sfalda ed un epilogo violento si profila all’orizzonte. La coppia Lawrence/Cooper aveva fatto faville nella adorabile e mai troppo acclamata dramedy “Il lato positivo”. Susanne Bier, regista dalla brillante carriera alle spalle, ripropone il fortunato connubio artistico con esiti diametralmente opposti. Non si tratta della banale difficoltà nel ricontestualizzare le figure dei due interpreti in un ambito tanto differente rispetto al film di O’Russell, e su caratteri per molti aspetti fortemente negativi. Il film, in parole povere, è strutturalmente sbagliato e non parte mai, e verrebbe da definirlo “nato morto” se non fosse per il suggestivo prologo introduttivo. Un polpettone di irrecuperabile pesantezza, in cui la ricerca dell’essenzialità e di uno sguardo impassibile sulle vicende si traduce in un andatura statica ed inerte. I personaggi agiscono e soffrono ma non acquistano spessore sullo schermo, i paesaggi sono splendidi ma le ambientazioni rimangono uno sfondo, e la regia (salvo qualche slancio di breve durata, fuochi di paglia diremo) rinuncia a qualunque sforzo inventivo illudendosi che  la recitazione basti a se stessa. Costituisce il più vistoso incidente qualitativo nel quale sia finora incappata la carriera della Lawrence, peggiore persino di un pastrocchio come il thriller “HATES”, nel quale se non altro la sua presenza rappresentava il perno e la ragione di esistere del film. Stavolta invece proprio lei, sempre carica di carisma sotterraneo e grinta quando disegna donne determinate e scontrose, sembra fuori parte e spaesata. Permane l’impressione che i personaggi troppo adulti e al tempo stesso troppo seri non le si addicano, o almeno non ancora, e che veda ingessata la propria versatilità. Butler occupa i primi piani con gli occhi azzurri e si impegna entro la sufficienza per portare a casa il compenso, non male il resto del cast. Consigliarlo al pubblico femminile sarebbe riduttivo e offensivo. E’ sopportabile da chi si senta in grado di digerire un elenco di belle immagini prive di sostanza, che scivolano via senza lasciare batticuore.

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