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Frank – Recensione

Strano e malinconico, perfetto nella sua imperfezione, già cult, nel suo modo stravagante quanto sicuramente innovativo di raccontare la malattia mentale. Questo è il bellissimo Frank, diretto da Leonard Abrahamson e scritto magistralmente da Jon Ronson e Peter Straughan, che ci porta in un mondo straniante, popolato da persone “strane”, che convince e commuove, soprattutto grazie alla grande capacità di Michael Fassbender di riuscire a trasmettere tutte le emozioni di Frank, anche al di sotto di una grande testa di cartapesta.

Un giovane musicista, Jon (Domhnall Gleeson), decide di unirsi alla band di Frank (Michael Fassbnder), una personalità stravagante che vive sempre con una testa finta addosso. Per Jon potrebbe essere l’opportunità di una vita di cambiare la propria esistenza, ma ben presto capirà di essersi cacciato in un grosso guaio.

Frank è un film che potremo definire libero dagli schemi, fortemente metaforico, ma allo stesso tempo semplice e diretto, che ha la capacità di insinuarsi nello spettatore con calma, senza travolgerlo, ma lasciandogli, alla fine, quel senso di compiacimento unito ad una giusta dose di malinconia.

La pellicola di Abrahamson è straniante, per certi versi surreale, ma studiata con perfezione, dove ogni membro del cast dà il massimo, risultando vicini alla perfezione. Gleeson è l’alter ego del pubblico, la persona ‘normale’, anche se outsider, che si trova catapultato in questa particolare band. E’ il nostro occhio, il filtro che ci permette di entrare nel mondo di Frank e in quello della grandissima intepretazione di Fassbender.

L’attore di “Shame” viene privato, come attore, dell’elemento chiave della sua recitazione, il volto, sostituito da una maschera inespressiva e di cartone, eppure, Frank risulta uno dei personaggi più carismatici ed espressivi degli ultimi anni. Fassbender, infatti, fa leva sulla propria fisicità, muovendo tantissimo il corpo e cambiando registri vocali.

In Frank la follia diventa normalità e creatività grazie alla musica, è in quella che i protagonisti riescono a trovarsi e ritrovarsi, a credere in qualcosa e a perseverare nonostante tutto e tutti. L’arte, in tutte le sue forme, assume così un potere salvifico, di portare gli esseri umani tutti allo stesso livello, senza differenza di “testa”.

Certo, se dobbiamo trovare un difetto (tecnico più che emotivo) nella pellicola è quello di non riuscire ad equilibrare l’ottima struttura narrativa con le performance canore che forse, attraverso una crescita anche dal punto di vista musicale, avrebbero donato un quid in più all’opera.

Ma queste sono piccolezze , perché Frank è un film vitale, ricco di sottotesti, che matura dentro piano piano per poi esplodere tra malinconia, commozione e gioia, tra follia e normalità, lì dove il piccolo cinema indipendente si fa grande nel raccontare le storie di uomini comuni, ma fuori dall’ordinario.

Sara Prian

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