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Mune – Il guardiano della luna – Recensione

Natura, ecologia, leggende, sfide, sentimenti ed un’atmosfera da favola, questo è Mune, il film d’animazione della coppia Alexandre Heboyan e Benoit Philippon che ricorda i modelli Disney e Miyazaki e anche la creatività del mondo di Avatar, ma che ha una sua personalità. Dotato di strabilianti effetti visivi il film è un gioiello e simbolo del genio europeo, che con una narrazione semplice ma efficace, sa entrare nel cuore dello spettatore.

È proprio il personaggio di Mune, il fauno designato nuovo guardiano della Luna, che sin da subito fa breccia nel pubblico. Sentendosi fuori posto nel ruolo appena assegnatogli, combinerà un sacco di guai, finendo per aiutare il villain di turno, il guardiano delle tenebre, a rubare il Sole. Aiutato da Sohone, il guardiano dell’astro sottratto e Glim, una fata di cera, Mune partirà alla ricerca del Sole.

Tenerezza, poesia e l’importanza dell’amicizia e del gruppo, il trio Mune-Sohone-Glim, ne sono l’esempio perfetto in una trama che di avvincente non ha poi molto, ancorata alla classicità e semplicità tutta europea, ma che proprio per queste ragioni riscalda l’animo dei piccoli e non.

Tutto si muove e sviluppa in un perfetto dualismo, sottolineato dall’impianto visivo. Colori ed inquadrature si alternano come fanno il giorno e la notte e lungo questo asse troneggiano l’avventura e i sentimenti.

Sono infatti l’amicizia e l’amore a “movere il sole e l’altre stelle” come diceva Dante e in Mune – Il guardiano della luna, accade proprio così. L’ambientazione, il clima fiabesco e una raffinata narrazione, contribuiscono a creare un film d’animazione con un sapore intimista, dipinto a molteplici colori e con i tratti che ricordano le vecchie e dolci favole.

Tutto merito dell’esperienza e della creatività dei due registi. Alexandre Heboyan ha realizzato per la DreamWorks Animation Mostri contro Alieni e Kung Fu Panda ed è ritornato in Francia dove ha deciso di collaborare con il co-regista e sceneggiatore, Benoît Philippon.

Il linguaggio evocativo usato dai due, unito all’animazione poetica sono la chiave del successo del film, che mescola il mito al sogno in un tripudio di fantasia. Mune – Il guardiano della luna affascina in tutto e per tutto e se in alcuni punti, soprattutto dialoghi e battute un po’ troppo scontate il tono si indebolisce, la forza sta tutta nel dimostrare l’originalità del tratto dei due registi francesi, che non hanno nulla da invidiare ai colleghi oltreoceano.

Alice Bianco

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