Life Itself – Recensione
“La vita è come un film in cui sei tu che scrivi il finale. Continua a crederci, continua ad aspirare”. Non ha mollato mai, fino agli ultimi giorni della sua vita e ora Roger Ebert, lui che ha reso la critica cinematografica un arte accessibile a tutti, lui che ha criticato un milione di film, si trova, per la prima volta da protagonista, dall’altro lato della barricata in Life Itself, documentario sulla sua vita, diretto da Steve James.
Per chi non lo sapesse, Ebert, è stato il primo critico di cinema a vincere il Premio Pulitzer nel 1975, diventando famoso al pubblico americano grazie a At The Movies, un programma di confronto cinematografico con Gene Siskel prima e Richard Roeper poi. Ebert ci ha lasciato dopo una lunga lotta contro il tumore il 4 aprile 2013 all’età di 70 anni.
Da amante di cinema e “critica” cinematografica, trovarmi ad analizzare una pellicola che mette al centro la storia di uno dei miti del nostro mestiere non è cosa semplice, perché si è comunque trasportati dalle emozioni, da quel pollice su o giù che ha segnato l’inizio, per moltissimi di noi, di un sogno, di una meta da raggiungere.
Un plauso va, prima di tutto, alla I Wonder Pictures che con coraggio ha deciso di distribuire questo documentario nel nostro paese, pur sapendo che il target sarebbe stato minimo. Questo è un grande regalo che una casa di distribuzione intraprendente fa a tutti gli addetti ai lavori, permettendoci di assistere alla vita e alla carriera di un grande critico, che ha donato dignità a questo lavoro.
Life Itself è un documentario al quale lo stesso Ebert avrebbe dato parecchi ‘thumbs up’. Nonostante le sue due ore di durata, infatti, la narrazione scorre via veloce come l’olio e grazie agli interventi di alcune vecchie glorie come Martin Scorsese e alcune giovani promesse come Ava DuVernay e Ramin Bahrani, veniamo colpiti da una valanga di ricordi ed emozioni a cui è difficile, davvero, rimanere indifferenti.
Sì perché l’opera di Steve James è, essenzialmente, una storia d’amore. Amore verso il cinema, verso quei film che, in un modo o nell’altro, a sopresa, ci fanno vibrare la spina dorsale, ma anche amore e odio verso quelle pellicole che smuovono in noi sentimenti di repulsione, di fastidio, ma che, comunque permettono il confronto con altre persone. Amore, poi, verso Chaz, la donna della sua vita, l’unica che è riuscita ad accapararsi il suo cuore, la persona che ha atteso per tutta la vita (50 anni) e che gli è rimasta accanto fino alla fine, con coraggio e forza. Ed è lì dove il film commuove di più. E’ impossibile trattenere le lacrime davanti a tanto amore incondizionato, Ebert non può più parlare se non attraverso un computer, eppure continuano a capirsi con uno sguardo, continuano a vivere in una bolla d’amore nonostante tutto.
La vita è come un film, oppure sono i film a riprodurre la vita, un dualismo ancora da risolvere, ma al quale questo Life Itself sembra poter dare qualche risposta.
Sara Prian