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Fast & Furious 7 – Recensione

Era il 2001 quando con il primissimo Fast and Furious si dava vita ad un genere che poi sarebbe stato copiato, stracciato, parodiato e rifatto in mille salse, ma che ha nel film con Vin Disel e Paul Walker il suo archetipo. E ora che siamo arrivati al settimo capitolo, la saga sembra ancora avere più vita di prima, di aver trovato in James Wan il regista in grado di rigenerare quello che tutti ormai davano per spacciato.

Si perchè sono ben 14 anni che Fast and Furious mantiene le promesse con lo spettatore, regalandogli quello che si aspetta: macchine, valori (famiglia e amicizia), effetti speciali e tanto stupore, ma questa volta si fa un passo  ulteriore. Qui, infatti, ci si emoziona e ci si trova davanti ad una poesia inaspettata davanti alla gestione della morte di Paul Walker.

Tutto questo grazie, come detto, a James Wan che diverte e ci fa divertire con i suoi movimenti di macchina da presa, dove ogni inseguimento non è più fine a stesso ma si trasforma in una coreografia, in una danza su 4 ruote in cui ogni elemento è studiato con precisione quasi chirurgica.

Fast and Furious 7 è all’insegna dello stupore e dell’esagerazione (le due ore e mezza, soprattutto nella parte centrale, si fanno sentire in alcuni momenti) dove il classico e reiterato plot è sapientemente celato da una messa in scena originale, dove Wan si diverte a giocare sia con i tempi che con i modi della sua ripresa aggiungendoci quello che non ti aspetti, il lato più sentimentale e romantico.

Sì perché c’è tanta ironia e tanto testosterone in questa pellicola, ma c’è anche tantissima commozione per il testamento artistico di Paul Walker, in un momento in cui la realtà spacca e irrompe nella finzione, lasciando allo spettatore quei brividi e quell’ emozione che non ti aspetti. Fast and Furious 7 è il gioco di squadra che vince sull’eroe singolo che al cinema non sembra più funzionare, sono le macchine che sanno far sognare sorprendentemente come e più di tanti film di assoluto altro genere.

Sara Prian

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