Cake – Recensione
Ci sono ancora attori che, nonostante siano anni e anni che occupano i nostri schermi, non smettono ancora di stupirci. Una di questi è Jennifer Aniston che con Cake di Daniel Barnz ci offre la sua interpretazione migliore, ricca di pathos ed emozionante, che scava dentro se stessa e nello spettatore.
La Aniston è Claire, una donna che frequenta un gruppo di sostegno psicologico per superare una tragedia personale, resta colpita alla notizia del suicidio di Nina, un’altra donna che frequentava lo stesso gruppo. Questo la coinvolgerà, e mentre cercherà di scoprire ulteriori dettagli sull’accaduto, troverà il modo di affrontare il suo dramma personale intrecciando una relazione col marito di Nina.
Un’interpretazione sentita, pacata, ma con un silenzio che rompe le barriere più di mille parole come quello di Jessica Chastain ne La Scomparsa di Eleanor Rigby. Un dramma famigliare, una perdita inconcepibile, un dolore soffocato, nascosto, mai urlato, ma che per questo fa più male di qualsiasi altra cosa. Una donna in bilico tra il mollare e l’andare avanti, tra l’aggrapparsi alla vita e lasciarla andare. Una donna, quella che ci regala Jennifer Aniston, che parla con i suoi grandi occhi profondi, che celano e rivelano allo stesso tempo.
Cake è un road movie dell’anima, un viaggio introspettivo in una Los Angeles lontana dalla caoticità o dalle paillettes di Hollywood, che funge da parallelo tra la vita passata di Claire e quella che sta vivendo adesso. Due anime che convivono nella stessa cosa/persona, passato e presente che convergono e trovano, solo nel finale, il punto di contatto.
Certo la tematica non è sicuramente delle più originali e nemmeno la messa in scena, ma c’è qualcosa nell’interpretazione degli attori, che dona quel quid in più a Cake, che permette di emozionarci nonostante la prevedibilità della sceneggiatura ed uscire dalla sala con l’animo e gli occhi più gonfi.
Sara Prian