Teneramente folle – Recensione
Il disturbo bipolare, termine che indica, con una certa approssimazione, problemi di una psiche instabile, è simpaticamente equivocato da una delle figlie del protagonista nel titolo originale di questa commedia, Infinitely Polar Bear, in uscita in Italia con il più banale titolo di Teneramente folle.
A essere ‘teneramente folle’ è Cam Stuart (Mark Ruffalo), padre di due bambine che passa le sue giornate tra la ricerca di funghi o lavorando a uno dei suoi tanti progetti geniali e strampalati ma lasciati sempre a metà. Cam, che soffre di disturbo bipolare e non riesce a costruire una vita normale, non ha un lavoro e sopravvive grazie all’aiuto dei suoi facoltosi genitori e di una zia ricca ma ‘parsimoniosa’.
Siamo a Boston, Massachusetts, nel 1978. La moglie di Cam, Maggie (Zoe Saldana), per salvaguardare le due figlie Amelia e Faith, allontana l’uomo da casa. Ma la donna con il suo lavoro non riesce a permettere a lei e alle sue figlie di vivere dignitosamente. Per cercare di ottenere un impiego più remunerativo e per poter dare una vita migliore alle bambine, Maggie si iscrive al Master of Business Administration alla Columbia University. La donna viene ammessa ma deve trasferirsi a New York. Non potendo permettersi di portare nella Grande Mela le figlie, Maggie decide di lasciarle con il padre nel Massachusetts. Ma Cam è un papà del tutto fuori dal comune anche se è consapevole che si tratta di una prova importante per poter ricostruire la sua famiglia. La vita di Cam e delle due bambine diventa un caos. Nel corso dei 18 mesi del corso di Maggie, Cam imparerà alla fine a prendersi cura delle sue due figlie e di se stesso.
E’ una storia vera, la sua storia, quella raccontata dalla regista Maya Forbes, erede di una dinastia importante nel campo dell’editoria e sceneggiatrice di successo qui al suo esordio come regista. Maya e sua sorella China crebbero per un periodo con il padre affetto da disturbo bipolare, un papà affettuoso ma scombinato, mentre la mamma studiava per prendere l’MBA alla Columbia.
Mescolando ricordi personali e divertenti trovate di sceneggiatura, la regista confeziona una commedia piena di tenerezza che certamente addolcisce la ben più triste realtà di due bambine che si trovano a vivere da sole con un padre mentalmente instabile, incapace di gestire anche le più banali esigenze quotidiane. Nostalgia, ricordi, tanto vintage (dalle immagini girate come veri filmini di famiglia, alla colonna sonora, agli abiti).
Teneramente folle è un film autentico, umano, vero. Divertente e triste allo stesso tempo, dolce e amaro, disarmante e pieno di calore, in una parola pieno di emozioni, ma soprattutto, dalla parte dei bambini.
Per una volta siamo stati contenti di vedere dei bambini reali, non eroi di finzione, non creature magiche, ma esseri umani che vogliono crescere dovendo affrontare la malattia mentale di un padre.
Non è un caso che siano stati proprio loro, i bambini, i ragazzi e gli adolescenti, a diventare nella storia del cinema moderno (dal neorealismo in poi) una delle finestre privilegiate dell’occhio cinematografico sul mondo.
La ragione per cui la Forbes ha dichiarato di aver iniziato a fare cinema era proprio la necessità di raccontare le “piccole storie di famiglia, piccole storie piene di verità e di riti quotidiani che permettono di stabilire un contatto emotivo e sentimentale con il pubblico”. Proprio così, senza scivolare nel family movie zuccheroso e strappalacrime, ma mantenendo sempre un perfetto equilibrio di toni, Teneramente folle è una gioiosa celebrazione dell’amore, un amore a cui hanno diritto tutti i figli di questo mondo, come hanno diritto di poter vivere un’infanzia serena. Anche se si ha un papà fuori dagli schemi che, invece di tornare a notte fonda dall’ufficio in nome dei soldi e della carriera, trascorre la nottata intento a cucire una gonna da ballerina di flamenco.
La scelta di tutti gli attori è stata felice: dalle due bambine (la maggiore delle quali è la vera figlia della regista), alla mamma (interpretata da una splendida Zoë Saldana). Ma la maggior parte del peso dell’intero film si regge su di lui, il papà bipolare interpretato da un Mark Ruffalo in stato di grazia, capace di passare da comportamenti infantili e disarmanti a scatti di rabbia incontrollabile, il tutto fumando decine e decine di sigarette.
Elena Bartoni