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Mission: Impossible – Rogue Nation – Recensione

Sulla carta sembrava una ‘missione impossibile’ e invece lui, Tom Cruise, cinquantatrè anni e non sentirli, ce l’ha fatta ancora una volta: più e meglio di prima.
Diciannove anni dopo il primo film (era il 1996, alla regia c’era Brian De Palma), il quinto capitolo della saga adrenalinica Mission: Impossible (sottotitolo Rogue Nation) colpisce nel segno, complice una regia senza sbavature del talentuoso Christopher McQuarrie (già sceneggiatore premio Oscar nel 1995 per il thriller-capolavoro I soliti sospetti).
Nuova regia, nuova squadra di sceneggiatori (Drew Pearce e McQuarrie), un gruppo di comprimari d’eccellenza (Jeremy Renner e Alec Baldwin in testa, tallonati dal fascino enigmatico della svedese Rebecca Ferguson) e una star inossidabile, un Tom Cruise più in forma che mai.

La sequenza d’apertura la dice lunga: Ethan Hunt è appeso a mani nude su un grande Airbus A400M Atlas che sta per decollare. Subito dopo, Hunt e la sua organizzazione, la IMF, vengono rinnegati dalla CIA. La IMF viene messa sotto processo perché considerata pericolosa (non solo, le missioni portate a termine con successo sono reputate più dettate dalla fortuna che dall’abilità degli agenti). Ma il grande e vero pericolo viene ora dal Sindacato, fantomatica quanto misteriosa organizzazione criminale composta da ex agenti speciali. Gli uomini dell’IMF, Hunt in testa, vogliono stanare ed eliminare il Sindacato il cui fine è creare disordine mondiale attraverso una serie di atti di terrorismo. Con la IMF ufficialmente sciolta dalla CIA, Ehan Hunt dovrà dare la caccia ai vertici del Sindacato: sulla sua strada troverà un’inaspettata alleata nell’ex agente britannico Ilsa Faust, una donna bella e pericolosamente doppiogiochista. 

Senza fiato… letteralmente (e vedrete perché). La Mission Impossible numero cinque di Tom Cruise è davvero senza respiro: un ritmo travolgente (il film colleziona un numero elevato di sequenze adrenaliniche), una messa in scena impeccabile, una serie di volti e luoghi indovinatissimi.
Vera anima di tutta la serie di missioni impossibili, anche questa volta Cruise è il film (oltre che interprete è anche produttore). In tutto e per tutto. In rapida sequenza lo si vede, dopo il volo iniziale, cecchino durante una rappresentazione della Turandot all’Opera di Vienna (una delle scene più belle del film che non può non ricordare la magistrale sequenza finale dell’hitchcockiano L’uomo che sapeva troppo), abile subacqueo in apnea, motociclista spericolato, in 132 minuti di missioni al cardiopalma, capovolgimenti di fronte e sorprese à go-go.
Dalla Vienna notturna ed elegante, alla solare e polverosa Casablanca (l’inseguimento prima in auto e poi in moto è da brividi), l’avventura regala perle da action spionistico di alto livello, complice un cast perfetto. Da Alec Baldwin, capo della CIA intenzionato a far cadere Hunt e i suoi, a Jeremy Renner, arguto braccio destro del protagonista nonché campione di ironia e dissimulazione, a Simon Pegg, l’inseparabile amico Benji, simpatico ‘nerd’ da scrivania catapultato nel bel mezzo dell’avventura, a Sean Harris cattivone di turno. Menzione speciale per la svedese Rebecca Ferguson nei panni della misteriosa spia britannica Ilsa Faust, erede 2.0 del fascino alla Ingrid Bergman, bellezza raffinata e sensuale (occhio allo spacco vertiginoso dell’abito da sera con cui fa la sua apparizione all’Opera di Vienna).
Frecciatine antibritanniche sulle relazioni tra Inghilterra e Stati Uniti (in presenza del Primo Ministro inglese) e istruzioni per una missione ad alto rischio fornite da una voce registrata su un vecchio vinile in un negozio di dischi londinese dall’atmosfera retrò: sono solo alcuni esempi dei lampi di genio di una sceneggiatura attentissima.
Di tutto e di più. McQuarrie alla regia è davvero una sorprendente scoperta e infonde nuova linfa vitale a una saga che aveva già dalla sua incassi stellari grazie a registi del peso di John Woo, J. J. Abrams e Brad Bird.
Questa volta di meglio non si poteva fare, mettetevi comodi e gustatevi un’avventura dove davvero nulla è impossibile.

Elena Bartoni
 

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