Lolo – Recensione
Il sogno di ogni cinefilo e ancora di più per chi scrive di cinema, è quello di poter recensire e vedere una buona commedia, di quelle costruite con garbo ed intelligenza. Vedere poi questo tipo di film ad un festival è una cosa assai più rara, per cui quando ti trovi ad assistere alla freschezza di un film come Lolo, diretto ed interpretato da Julie Delpy, il cuore si riempie di gioia.
In vacanza nel sud della Francia, la sofisticata parigina Violette incontra l’amore della vita, lo smanettone dei computer, Jean-René. Contro ogni previsione, tra i due nasce un’intesa molto forte e alla fine dell’estate, Jean René decide di seguire la sua amata a Parigi. La loro diversa estrazione sociale e il figlio diciannovenne di Violette complicheranno non poco le cose.
Lolo, con un’apertura dirompente e che fa capire subito dove vorrà andare a parare Delpy, è un film dalle battute brillanti alla Woody Allen, che nella sua apparenza molto americana, non perde la sua anima francese, in una commedia degli equivoci che gioca con le parole e diverte quasi fino alle lacrime, che per un ora e mezza ti fa dimenticare tutto, grazie anche alla grandezza di un attore comico come Dany Boon.
Julie Delpy ritrae con sguardo critico tanto quanto ironico, la generazione dei 40enni, di cui fa anche lei parte, giocando sui cliché e facendosene beffe. Se per un 20enne, trovare l’amore è una cosa complicata, per uno con il doppio dell’età la ricerca sembra una vera e propria missione impossibile, soprattutto se si è una madre o un padre single con dei ragazzi adolescenti che non vogliono vedere minato il loro territorio. Per un genitore senza compagno non è più un discorso di sé stessi; bisogna pensare a non ferire l’altro cuore che vive con noi.
Lolo però è anche una riflessione sui cosiddetti bamboccioni, quei ragazzi che non sono in grado di lasciare il nido materno e madri che non sono capaci di tagliare il cordone ombelicale. Delpy tratta tutto con leggerezza ed intelligenza trasformando Lolo in una delle migliori commedie del 2015.
Sara Prian