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Dobbiamo parlare – Recensione

L’incipit più temuto nei discorsi di coppia è il titolo del film diretto da Sergio Rubini presentato nella Selezione Ufficiale della Festa del Cinema di Roma.
Dobbiamo parlare ovvero “quella frase tipica, più del mondo femminile, che prelude al momento in cui ci si deve chiarire”, sono parole del regista, interprete e sceneggiatore della pellicola.
Tutto si svolge in un attico del centro di Roma dove vive in affitto una coppia di intellettuali, Vanni (Sergio Rubini), cinquantenne scrittore affermato e Linda (Isabella Ragonese) trentenne che collabora nell’ombra ai romanzi del compagno. I due al matrimonio hanno preferito la convivenza.
I loro migliori amici sono Alfredo (Fabrizio Bentivoglio), un famoso cardiochirurgo detto il Prof., e sua moglie Costanza (Maria Pia Calzone), i due sono sposati e gestiscono il loro matrimonio come una S.p.A.
Una sera Alfredo e Costanza irrompono nell’appartamento di Vanni e Linda che si stanno preparando per andare a una mostra e poi a cena con gli editori di Vanni. I due sono in piena crisi perché Costanza ha appena scoperto che Alfredo ha un’amante. Ha inizio così una lunga serie di recriminazioni che durerà per tutta la notte. Nel tentativo di mettere pace o almeno contenere le accuse reciproche dei due amici, Vanni e Linda finiranno anche loro ai ferri corti. E qualcuno, il mattino dopo, si farà del male.

Nel vedere un quartetto di persone nel salotto buono di un appartamento borghese discutere, accusarsi, discolparsi, tradirsi e darsele di santa ragione non si può non pensare al capolavoro di Roman Polanski Carnage, ma anche alla deliziosa commedia francese Cena tra amici e al suo rifacimento italiano Il nome del figlio di Francesca Archibugi.
Il quartetto al centro della scena questa volta comprende uno scrittore, la sua compagna ghostwriter, un famoso cardiologo e sua moglie dermatologa. La realtà che viene mostrata e aspramente criticata solo a prima vista può apparire come la classica partita all’ultimo sangue tra destra e sinistra, già vista in troppe pellicole negli ultimi quindici-venti anni. A uno sguardo più attento e ravvicinato, questa volta la lotta di classe è molto più sottile, perché destra e sinistra in questi ultimi anni si sono profondamente trasformate (e spesso anche confuse), tanto che si può affermare che non si tratta più di visioni politiche e ideologiche opposte ma soprattutto di mode e modi di vivere e di comportasi, parlare, vestirsi, mangiare, abitare (con alcune distinzioni che sfiorano il ridicolo raggiungendo perfino il territorio dell’economia domestica, come la scopa considerata un utensile di sinistra e l’aspirapolvere di destra).
E così, nel salotto di un immenso attico nel centro di Roma, bellissimo in apparenza ma pieno di ‘falle’ come lo scaldabagno che non funziona o gli infissi che non isolano bene dalla pioggia (uno specchio dell’apparente rapporto perfetto che lega lo scrittore e la sua compagna che lo abitano) va in scena un gioco al massacro la cui parola d’ordine sembra essere la vampirizzazione dell’altro (prosciugandone via via il denaro, il talento creativo o le energie vitali). La coppia progressista radical-chic Rubini-Ragonese che al matrimonio preferisce la convivenza e la coppia ‘destrarola’ e benestante Bentivoglio-Calzone che vive un matrimonio fondato su dio denaro e bugie, trovano terreno di scontro su una serie di insoddisfazioni sentimentali, ma anche politiche e sociali. E il tono della discussione cresce fino a raggiungere toni al limite dell’isterismo (vedere la prova della Ragonese per credere), per arrivare a riconciliazioni d’interesse e a fratture (forse) irreparabili. Ma non è l’eterna storia delle divisioni a sinistra e dei matrimoni d’interesse a destra e dintorni?
In una simile devastazione qualcosa può (o potrebbe) sopravvivere?
Forse si, se solo riuscissimo a essere superiori alle divisioni frutto di cliché e capire davvero il valore dell’amicizia che travalica steccati, ideologie, pregiudizi. E così, se si fosse solo più intelligenti si potrebbe fare lo stesso un weekend tra amici, anche se i tuoi compagni di viaggio non capiscono la pittura di Basquiat.  
Grande merito della riuscita, tutto sommato buona, del film va agli attori, con una particolare nota di merito alla coppia formata da Fabrizio Bentivoglio (davvero grande nel mutare accento e modi trasformandosi nel chirurgo di fama, perfetto esponente del ‘generone’ romano tutto pragmatismo e poco sentimento) e Maria Pia Calzone (la sua lady borghese dedita esclusivamente agli interessi personali le calza a pennello).
A venticinque anni dall’esordio nelle vesti di regista con La stazione, Rubini porta in scena un copione che sa tanto di un Carnage in salsa romana ma evita di un pelo l’effetto déjà-vu (forte soprattutto nella prima parte) grazie a un copione (scritto dal regista insieme a Carla Cavalluzzi e Diego De Silva) che inanella una serie di battute divertenti e pungenti.
Un affresco dei vizi di coppia (tradimenti, bugie, denaro) che possono creare un cortocircuito di affetti e amicizie (e la corrente salta davvero), prima che l’alba di un nuovo giorno getti la sua luce sulle tante, tristi verità che spesso non vogliamo vedere per comodità o semplice interesse.

Elena Bartoni

 

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