Sole Cuore Amore – Recensione
Il primo film italiano presentato nella Selezione Ufficiale della undicesima edizione della Festa del Cinema di Roma è Sole Cuore Amore di Daniele Vicari.
L’autore di film importanti e strettamente ancorati alla realtà dei nostri giorni come Velocità massima, Il passato è una terra straniera e Diaz – Non pulire questo sangue, questa volta sceglie di raccontare la storia di due donne che hanno fatto scelte opposte e difficili nelle loro vite.
La storia si svolge a Roma e nel suo immenso hinterland.
Eli ha quattro figli, un marito disoccupato, Mario, e lavora a grande distanza da casa. Ogni giorno Eli si alza alle 4,30 quando è ancora notte: da Nettuno deve prendere un pullman e due linee diverse di metro per raggiungere il bar dove lavora, a Roma nel quartiere Tuscolano.
Vale invece è sola, ha scelto la carriera artistica, è una danzatrice e performer, e si guadagna da vivere con le serate nei locali. Le due giovani donne sono legate da un affetto profondo, una vera sorellanza e rappresentano due facce della stessa medaglia. Col passare dei giorni scopriranno che la solidarietà reciproca non sempre basta a lenire le difficoltà materiali delle loro vite.
Il titolo è il quello di una canzone estiva di qualche anno fa: un titolo semplice, come ha sottolineato il regista, scelto per raccontare le esistenze delle due donne protagoniste del film. Semplice come, solo in apparenza, appare la vita quotidiana. Magari una quotidianità che a prima vista può apparire “insignificante e o meno interessante della messa in scena di sparatorie, tossicodipendenze, violenze e degrado portate all’esasperazione spettacolare”, per usare ancora le parole di Vicari.
Perchè la vera tragedia della nostra epoca risiede, continua il regista, nel “senso d’impotenza generale”, in quella impossibilità, per alcune fasce della popolazione, di realizzare obiettivi minimi.
Scegliendo di mettere in scena la “tragicità del quotidiano”, Vicari racconta la vita vera con grande rispetto, quasi entrando in punta di piedi nelle vite delle due donne seguite in parallelo, cercando (e trovando) la giusta distanza dalle persone che racconta.
Quella della protagonista Eli, è una lotta strenua contro precarietà, incertezza, difficoltà: si alza alle 4.30 ogni mattina e torna a casa la sera dopo le 22, lavora sette giorni su sette. Una donna che soffoca il suo dolore per obbedire a un senso del dovere verso quella famiglia così numerosa, verso una vita in emergenza, verso una valanga di affetti a cui dona tutta se stessa fino al sacrificio. Parallela a quella di Eli, si sviluppa la storia di Vale, opposta per certi versi ma uguale nelle sofferenze (figlia di una madre borghese che non la comprende, resa ancora più fragile da una sessualità incerta): una sequenza in montaggio parallelo delle storie delle due donne apre e chiude il film.
Sole Cuore Amore ha un colore dominante, il rosso. Rosso è il cappottino indossato dalla protagonista Eli nel suo viaggiare quotidiano, rossi sono gli abiti di scena indossati dalla sua amica Vale nella sua ultima e più sentita performance, rosso è il colore preponderante degli arredi del bar dove lavora Eli, come infine rosse sono le luci notturne sopra il letto dei suoi bambini. Ma è anche il rosso del sangue e del cuore, quel cuore che non ce la fa più a pompare forza vitale e a resistere ad un ritmo di lavoro disumano.
La passione del regista per i temi di urgenza civile o politica non è una novità anche se questa volta la rabbia appare ammorbidita nelle pieghe di un racconto pacato, elegantemente accarezzato dalla note jazz della colonna sonora di Stefano Di Battista e da movimenti di macchina che sembrano quasi abbracciare le sue protagoniste.
Senza una sbavatura è la prova di Isabella Ragonese, che offre un ritratto partecipato e intimamente sofferto della giovane Eli, una giovane donna dalla grande umanità, spezzata da una vita troppo dura. Accanto a lei non sfigurano Francesco Montanari nei panni del marito e Eva Grieco nel ruolo della danzatrice Vale.
Un film duro, che fotografa quasi senza filtri la realtà che ci circonda, e che restituisce l’anima sincera di un regista che non ha paura di mostrare uno spaccato di umanità sconfitta in partenza nella ricerca di un’impossibile serenità.
Elena Bartoni