Beata ignoranza – Recensione
Beata ignoranza! E’ il titolo di un video che in rete è diventato virale, che ritrae due professori di liceo che litigano furiosamente. Materia del contendere, l’uso del web e di tutti i suoi annessi e connessi: app, social, chat, selfie.
“Beata ignoranza!” è infatti l’esclamazione del professore vecchio stile rivolta al suo collega sempre connesso, è la voce del vecchio contro il nuovo, del libro fatto di pagine vere contro l’e-book, del manuale scolastico contro la app, del buon vecchio giornale contro il tablet.
I due professori, un tempo amici e poi nemici a causa di una donna, sono Filippo ed Ernesto. Il primo insegna matematica e vive sui social: posta, rimorchia, condivide, usa le app (anzi ne ha creata una per facilitare la risoluzione delle equazioni matematiche e ne caldeggia l’uso da parte dei suoi allievi), il secondo non ha un pc, non ha mai mandato una e-mail in vita sua, disprezza internet, non sa cosa sia uno smartphone e vive come in una “bolla” fuori dalla rete.
Finché, un giorno, nelle vite dei due piomba Nina, una ragazza che ha un legame con entrambi (non riveliamo di più) che chiede ai due di aiutarla a realizzare un documentario in cui verranno riprese le loro vite a ruoli invertiti: per un lungo periodo Filippo dovrà privarsi del web mentre Ernesto dovrà vivere sempre ‘connesso’. Questo esperimento cambierà completamente i due, costringendoli a trovare nuovi equilibri.
Essere o non essere… Connessi? Questo sembra essere il vero dilemma del terzo millennio.
E voi da che parte state? Come ha dichiarato il regista Massimiliano Bruno, vi sentite meglio on-line o off-line? Chi siete veramente? Voi stessi o il vostro alter ego? E ancora, stimate di più le vostre sconfitte reali o i vostri successi virtuali?
La questione è attualissima ed è stata ampiamente sfruttata da studi, pubblicazioni, dibattiti, proposte di legge, film (due titoli su tutti, Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese e Che vuoi che sia di Edoardo Leo). L’ennesima disamina dei potenziali danni e dell’uso corretto (o quanto meno controllato e consapevole) del web è un argomento infinito che porterebbe a un’altrettanto infinita analisi di tutte le variabili in gioco. Per limitarci alla nuova commedia di Massimiliano Bruno, Beata ignoranza, scomoderemo solo pochi argomenti, lasciando perdere discussioni più ‘alte’ sul concetto di identità e del suo smarrimento nel mondo virtuale della rete (‘il chi siete veramente’ appena menzionato).
La prima domanda è: quale deve essere il coinvolgimento della scuola nella vita online dei propri studenti? Secondo un recente studio gli adulti dovrebbero non considerare internet come una dimensione separata, anzi, dovrebbero “aiutare i ragazzi a essere membri responsabili della società ora che non è più limitata dallo spazio fisico. La chiave è il concetto di cittadinanza. Come possiamo aiutarli a capire il mondo che li circonda? E capire concetti come empatia e resilienza?” scrive Danah Boyd nel libro “It’s complicated. La vita sociale degli adolescenti sul web”.
Nel film di Bruno le cose si invertono: è proprio una ragazza a fare da catalizzatore alla prova a cui vengono sottoposti i due professori per capire il mondo che li circonda.
Nina è una ‘nativa digitale’ o ‘virtuale’ che dir si voglia e, chiedendo ai due professori di entrare o uscire dalla rete, arriva a dimostrare come sia necessario mettere da parte i pregiudizi per arrivare a una vera educazione alle emozioni, dentro e attorno al web. Sarà proprio lei a indurre Filippo ed Ernesto a una nuova umanità, a un nuovo ‘sentire’, a un uso adulto della rete. Perché la comunicazione (“tutta questa comunicazione!”), dice la morale del film, non è vera comunicazione senza le emozioni.
Ed in questo l’uso consapevole del web gioca un ruolo fondamentale.
Nella seconda parte il film vira decisamente verso il sentimento, con le barriere che cadono proprio in nome di un affetto condiviso per Nina, vero arbitro della sfida. Ognuno dei due protagonisti prenderà coscienza delle proprie mancanze: Gassman si riapproprierà del suo tempo e delle relazioni umane, Giallini scoprirà le sue paure e confrontandosi con un universo che può avere delle pericolose derive de-responsabilizzanti (ad esempio quando si corteggia una donna via social).
E’ proprio nella seconda parte che Beata ignoranza mostra le sue debolezze: i quesiti iniziali vengono meno e ci si concentra sulla storia di Nina e del suo rapporto con i due protagonisti. Fatto salvo l’espediente da vecchia commedia all’italiana (o dell’alleniano Io e Annie) dell’attore che si rivolge allo spettatore guardando in macchina, il film finisce per appiattirsi un po’ troppo sul contesto familiare e affettivo dei due protagonisti tralasciando temi di maggior interesse.
La scelta di una coppia di attori affiatata come quella composta da Gassman e Giallini (che hanno già duettato felicemente in Se Dio vuole di Edoardo Falcone e in Tutta colpa di Freud di Genovese) è comunque azzeccata ma le battute che strappano la risata sono davvero poche (e affidate soprattutto alla verve comica di Marco Giallini). Da segnalare le presenze femminili di Carolina Crescentini (ex amore della vita di entrambi i protagonisti) e Valeria Bilello (nei panni di una professoressa dai costumi ‘liberi’) ma soprattutto della promettente esordiente (ha al suo attivo solo TV e corti) Teresa Romagnoli, nei panni di Nina, vero ‘deus ex machina’ del litigioso contendere a colpi di social e video virali.
Elena Bartoni