Joker – Recensione – Venezia 76
Al Lido di Venezia, sbarca uno degli psicopatici più famosi di sempre: oggi è arrivato, direttamente da Gotham City, Joker, interpretato da un magistrale Joaquin Phoenix. Dopo l’ultima interpretazione (da parte di Jared Leto), il personaggio della Dc Comics appare nelle sue vesti di uomo, malato, incompreso e vittima di bullismo, quasi come fosse un prequel di tutti i film visti in precedenza su di lui.
La Gotham di questo film, quello di Todd Philips è quella di inizio anni ’80, una metropoli cupa e inquietante, la spazzatura si accumula ai lati delle strade, la sicurezza latita e anni di tagli ai servizi e all’assistenza ai più deboli hanno prodotto un diffuso malessere sociale e un sentimento di odio nei confronti della politica e della borghesia, bersagli dell’odio e degli emarginati.
A spuntare pian piano da queste macerie umane e sociali è Arthur Fleck (Joaquin Phoenix), aspirante attore di stand-up comedy in fuga da una terribile situazione personale e familiare, che Gotham imparerà a conoscere come Joker.
Dopo aver diretto film come Una notte da leoni, Todd Philips si è cimentato in un film che è totalmente diverso dai suoi canoni e l’ha fatto magistralmente. Molto del merito lo si deve ovviamente all’interpretazione del protagonista, ma a convincere è anche l’ottima regia, i temi affrontati e la potenza della colonna sonora, che aumenta la tensione e accresce, seguendo il climax del film.
Questo Joker iniziamo a conoscerlo ovviamente già in epoca adulta, ma vediamo proprio la genesi del suo personaggio, che ha creato studiando se stesso, conoscendosi meglio e imparando dai comportamenti degli altri. Quello che cominciamo a conoscere è Arthur, malato mentale che vive con la madre inferma, che ha un lavoro precario, che ride e piange allo stesso tempo e soprattutto incompreso dal 99% della società.
Quando perde il lavoro inizia a riflettere ancor di più su se stesso e da vittima di bullismo, pian piano diventa consapevole del suo corpo. Al primo omicidio, in metropolitana, diventa il simbolo del ceto della società più povero, che ce l’ha con i benestanti e i ricchi.
Quando Arthur si rende conto di tutto ciò, inizia a farsi chiamare Joker. La sua trasformazione, corporea e di look è la cosa più importante, insieme all’aumentare della violenza e della crudeltà, che sfociano in una mezz’ora finale da brivido, che vale tutto il film.
Se si deve proprio trovare qualche difetto, il regista e montatore avrebbero potuto decidere di tagliare qualche scena in mezzo al film, quando Arthur viene a conoscenza del proprio passato, ma inutile dire quanto un Joker così non si vedesse da tempo, dall’epoca di Heath Ledger.
Alice Bianco