Recensione di Saw 2 – La soluzione dell’enigma
Indagando sulle uccisioni compiute dallo spietato Jigsaw, il detective Mathiews riesce a mettere le mani sul criminale. L’ Enigmista, però, gli mostra su un monitor il nuovo “gioco” che sta per iniziare in una casa abbandonata e fra le persone coinvolte c’è suo figlio Daniel. Il primo capitolo, criticabile finchè si vuole per certe rozzezze e le implausibilità narrative, riusciva a tratti nel non facile intento di offrire momenti di spavento allo spettatore non troppo esigente, puntando sulla paura del dolore del fisico oltre che sulla sadica esposizione dello stesso. In questo secondo film il dosaggio degli ingredienti è stato nettamente alterato. E’ la violenza, anche psicologica, a farla da padrone a scapito del brivido e della suspence e il riferimento non è solo alla truculenza delle trappole ordite dall’ Enigmista, qui di una fantasia ancor più perversa. Il numero dei personaggi coinvolti aumenta, è sulle loro vicende personali e i loro conflitti reciproci che si incentra la storia. L’interesse è ora nel gioco al massacro che mette i “prigionieri” l’ uno contro l’ altro, la suspence si fonda sul “chi, come e quando morirà” e chi si salverà. Il giovane Daniel è però forse l’ unico elemento con cui poter in qualche modo simpatizzare e dobbiamo tener conto che nel mondo di Saw l’innocenza assoluta è quasi sempre un’illusione. La carta vincente del film, nonché prima ragione per vederlo, è comunque la presenza finalmente in prima persona di Jigsaw, sinistro e sornione uomo del male, ricco di connotazioni tragiche e dolorose (degne dei mostri storici della Universal) e interpretato da Tobin Bell con sobria efficacia. Da segnalare infine la sorpresa finale, discretamente originale e forse, se non altro, meno improbabile di quella che chiudeva il primo atto.