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Recensione di Kung Fu Panda

Nella lontana Cina un simpatico e pigro Panda di nome Po, cameriere al chiosco di spaghetti del padre, sogna di diventare un campione di Kung Fu. Il destino vorrà che il saggio Oogwai lo nomini suo prescelto per difendere il paese dal perfido ghepardo Tai Lung, ora evaso di prigione. Duri allenamenti lo forgeranno per l’ impresa. E’ innegabile che l’ asso nella manica del film sia proprio il protagonista, una delle figure di “loser” più esilaranti e al tempo stesso tenere della recente animazione Disney. Grosso, impacciato, poco sveglio, apparentemente negato per l’ obiettivo che si prefigge, Po vive però serenamente i propri difetti con un assoluto candore degno di un Homer Simpson e riuscirà nonostante tutto a trionfare, anche grazie alla sua serenità interiore. Se il messaggio (la necessità anzitutto di accettare se stessi per affrontare gli ostacoli della vita) non è certo nuovo, bisogna ammettere che qui è stato creato, per trasmetterlo ai piccoli spettatori, il miglior portavoce che si potesse escogitare. Ed è proprio lui a portare sulle spalle, anzi sulla sua schiena pelosa, una storia che non brilla certo per particolare originalità, sia nell’idea di partenza sia negli sviluppi, con personaggi secondari non proprio indimenticabili. La saggia decisione di tenere la durata al di sotto degli 80 minuti, scelta chiaramente narrativa e non solo di costi, consente però alla pellicola di scorrere liscia e rapida nel susseguirsi dell’azione, riducendo al minimo le lentezze e i tempi morti. Il tutto avvalendosi ovviamente di un’animazione digitale di livello ormai ineccepibile. A tenerla in piedi sul versante comico, oltre alla goffaggine di Po e relative gag, abbiamo comunque i divertenti duetti fra il panda e il suo papà adottivo, il signor Ping, un’ anatra cuoca di cui il nostro eroe si crede figlio naturale. Menzione speciale al doppiaggio italiano di Fabio Volo, che nell’interpretare il protagonista  si dimostra uno dei migliori “talent” mai selezionati per una voce disneyana (sebbene la scena iniziale del sogno sia da lui così ben doppiata da rischiare di oscurare il seguito della sua prestazione).

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