Recensione di: Un altro mondo
Muccino Jr. (intendendo con questo “epiteto” che il fratello Gabriele rappresenti una sorta di padre putativo, cinematograficamente parlando), ci riprova a fare il regista. Assodato che come attore, diciamo, ha da lavorarci ancora un po’ su, come director, stavolta, ha mostrato qualche attenzione in più dal punto di vista registico, rispetto al lavoro precedente “Parlami d’amore”. Il sodalizio con Carla Vangelista continua, con una scrittura a quattro mani di una sceneggiatura sofferta e ultimata in circa un anno e mezzo. Questa dovrebbe, e sottolineo dovrebbe, essere la premessa di una maggiore attenzione alla storia, tralasciando la sovraesposizione ad inquadrature autoreferenziali, come il volto triste ed eccessivamente riflessivo del protagonista. Se l’intento è nobile (raccontare l’Africa e le sue sofferenze, con la redenzione di chi ha avuto tutto dalla vita, tranne la fondamentale figura paterna e la mancanza di affetto della algida madre!), il risultato non lo è altrettanto, ed eccede sistematicamente nel pietismo e nella retorica. Quando si costruisce tutto l’impianto narrativo sull’affezione e tenerezza nei confronti di un bambino, il risultato è certo. Ma deve bastare? La risposta è obbligatoriamente negativa, dopotutto il cinismo che contraddistingue i tempi moderni ci ha costretti a valutare diversamente ciò che realmente riesca a farci commuovere. Il romanzo di formazione è una metodologia narrativa molto cara a Silvio Muccino, ma adesso il processo di crescita dovrebbe essersi compiuto, e reiterare il proprio cinema con questo argomento, stanca e appiattisce fatalmente ogni tentativo di originalità. Si, perché il rapporto che si instaura tra Andrea (Silvio Muccino) e il piccolo Charlie (Michael Rainey), fratellastro di colore lasciatogli in affidamento dal padre defunto, nelle parti di complicità fra i due ricorda, ineluttabilmente, alcune sequenze de “La ricerca della felicità” del Muccino maggiore, trapiantato a Hollywood; aspetto che conferma e sottolinea ciò che si è sostenuto all’inizio…
Serena Guidoni