Recensione di: The Mist
Da Stephen King. In una mattinata come tutte le altre, ma preceduta da una forte tempesta la notte precedente, David si reca col figlioletto a fare spese nel supermarket della sua cittadina. All’ improvviso il mondo esterno è invaso da una misteriosa foschia nella quale si annidano creature spaventose, bloccando i clienti all’ interno del negozio e costringendoli a lottare contro la nuova minaccia. Ma la situazione precipita nel caos. The Mist si distingue dalla massa dei film commerciali di spavento come horror autenticamente tragico, in cui il destino e le scelte compiute dai personaggi hanno un ruolo preponderante. A generare l’ orrore non sono tanto gli esseri repellenti celati dalla nebbia, comunque tecnicamente ben realizzati nonché impressionanti nel rappresentare un universo a noi sconosciuto (saggia la scelta di non rivelare le loro fattezze nel materiale promozionale del film), quanto piuttosto i mostri generati dal sonno della ragione umana. I personaggi si illudono inizialmente di poter sopravvivere assieme, collaborando e sfruttando i pochi mezzi a disposizione, ma appena il contesto si farà davvero disperato la razionalità avrà la peggio e la maggioranza di loro cadrà preda di un folle fanatismo religioso, che regredirà la loro psiche al Medioevo. Fra il male proveniente dall’ esterno e quello interiore, rappresentato per giunta con tratti odiosi e sprezzanti (vedi la bigotta mentalmente instabile), i protagonisti sono i soli a mantenere i nervi saldi ed è solo con loro che lo spettatore può volersi identificare. Qui però entra in scena il vero mostro del film, quello che alla fine si rivelerà il più terrificante: il Fato. Senza rivelare troppo diremo che qui, quando si tratta di prendere decisioni fondamentali, il Bene in pratica non ne azzecca una e (non solo per colpa della sfortuna) nel dipanarsi degli eventi il dolore e la beffa andranno di pari passo. Il tutto per arrivare a un finale allucinante e indimenticabile.