Recensione di: Io sono il numero quattro
Punti di forza del film “Io sono il numero quattro”? La risposta è una ed inequivocabile: nessuno! Fantascienza, teen drama, o elogio a serie televisive? Il film risulta essere sin dall’inizio un’accozzaglia di generi che faticano a reggere il peso delle quasi due ore di durata. Noia è il sentimento che viene suscitato, nonostante la prerogativa sia quella di divertire con esplosioni, acrobazie e combattimenti all’ultimo sangue. Ed è curioso che proprio quest’ultimo elemento sia pressoché inesistente (i protagonisti escono indenni e senza un capello fuori posto ad ogni scontro!). Forse che regista e sceneggiatori abbiano voluto ingraziarsi il pubblico dei teenager togliendo gli elementi splatter, per meglio avvicinare il film alla saga di Twilight? La storia d’amore c’è, ma stavolta i protagonisti sono alieni con superpoteri, inseriti (ma altrettanto disadattati!) sulla nostra Terra, ed in fuga perenne da nemici (il cui trucco e parrucco è ai limiti del comico!) che anelano alla distruzione della loro razza. Il film non ha quel valore aggiunto che gli consente di svincolarsi dal filone fantasy adolescenziale che ha mietuto “vittime” in tutto il mondo. I protagonisti, per quanto bellocci, faticano a trovare una vera identità nei propri ruoli. Se Alex Pettyfer punta a diventare il nuovo Robert Pattinson, Dianna Agron, attrice della serie Glee, risulta fin troppo acerba per aspirare ai lidi di Hollywood. Gli interpreti, d’altronde, non vengono aiutati dalla sceneggiatura, blanda e ripetitiva, che dimentica costantemente che lo spettatore non conoscendo la storia, e che di conseguenza abbia bisogno di un doveroso chiarimento su alcuni aspetti della vicenda. Il rapido susseguirsi delle sequenze narrative, a favore di quelle d’azione, non giustifica la totale disattenzione in una delle fasi più importanti nella realizzazione di un film: la sceneggiatura.
Serena Guidoni