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Recensione di: Il Gioiellino

Dopo il grandissimo successo di pubblico e critica de “La ragazza del Lago”, film nel quale si dipanava un’indagine nella provincia italiana a seguito del ritrovamento del corpo di una giovane ragazza, annegato ed abbandonato su di una riva, Andrea Molaioli, al suo secondo lungometraggio, pone, ancora una volta, al centro della vicenda narrata una realtà provinciale, quella piemontese stavolta, ma, a differenza del primo film, non c’è nessun colpevole da trovare, sin dall’inizio ci è chiaro anzi chi siano i “cattivi”. Il regista parte da uno spunto di comune interesse prendendo, infatti, in esame i meccanismi che sono alla base della finanza, e che spesso appaiono incomprensibili ai più. “Il gioiellino”, nelle sale dal 4 Marzo, mette in luce i fallimenti e i buchi neri di un sistema finanziario (e sociale!), quello delle grandi corporation italiane, che hanno inevitabili ripercussioni sulla quotidianità di tutti. Una storia paradigmatica di quelle condotte imprenditoriali spregiudicate, al di fuori di ogni regola, che si sono affermate in Italia nel corso degli anni, infatti, sebbene non vengano enunciati nomi o fatti espliciti, il ricordo va inevitabilmente al caso del Crack Parmalat. “Il gioiellino” si concentra sulla storia di una grande azienda agro-alimentare, la LEDA (acronimo per latte e derivati alimentari), affermata a livello nazionale ed internazionale, quotata in borsa ed in continua espansione verso nuovi mercati. Insomma quello che il proprietario, l’imprenditore Rastelli (Remo Girone), definisce un vero e proprio “gioiellino”. Il ligio protettore di questo prezioso ingranaggio che è la LEDA, è Ernesto Botta (Toni Servillo), ragioniere spigoloso ed introverso, totalmente dedito alla sua azienda. Botta subordina persino quella che è la propria vita al bene dell’azienda e a soddisfare il volere di Rastelli. Tuttavia questo ingranaggio, apparentemente perfetto, è destinato ad incepparsi e la Leda affoga fatalmente in un mare di debiti. A nulla servono gli sforzi di Botta: falsificare i bilanci, gonfiare le vendite, chiedere appoggio a banche e politici; il destino dell’azienda è ormai inevitabilmente e negativamente segnato. La voragine che si crea investe tutto e tutti, il “gioiellino” è ormai distrutto. Il film si ispira, come si diceva, inequivocabilmente al noto caso Parmalat e ad altri crac finanziari che negli ultimi anni hanno investito la storia italiana, e dei quali a pagarne le conseguenze maggiori sono stati ovviamente i risparmiatori. Non ci troviamo di fronte ad una vera e propria inchiesta ma ad un’analisi approfondita e dettagliata dei protagonisti di queste vicende finanziare, di quei personaggi e delle loro scelte che hanno condizionato e tenuto in scacco i mercati mondiali.
 
Serena Guidoni

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