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Recensione di: Il Rito

Quando l’inizio e la fine di un film sono troppo scontate già si capisce che c’è qualcosa che non va. Il regista svedese Mikael Hafstrom ci racconta una storia iniziando col dirci che è tratta da una storia vera…e già qui dovremmo essere messi ‘in allarme’.
Ma partiamo dall’inizio. Michael Kovac, a contatto quotidiano con la morte aiutando il padre nell’impresa funebre di famiglia, sceglie di cambiare vita e, non trovando evidentemente nulla di meglio, sceglie, pur privo della vera vocazione, di entrare in seminario, sicuro così di avere un’educazione gratuita. Proprio alla vigilia della sua ordinazione come sacerdote, la già scarsa fede, viene nuovamente scossa, convincendo il giovane seminarista a scrivere una e-mail di dimissioni ma proprio quando sta per inviarla viene ‘scosso’ dalla richiesta di benedizione di una ragazza in fin di vita dopo un incidente stradale. Il ‘caso’, proprio in questo momento, fa arrivare una proposta: partecipare ad un nuovo programma del Vaticano con un corso di esorcismo. Spinto più dalla voglia di visitare Roma che da una convinzione maturata nel profondo, Michael accetta. Ovviamente non credendo a quello che sta facendo viene indirizzato dal direttore del corso al vero e proprio esperto del campo: Padre Lucas. A contatto con Padre Lucas. Michael rivede le sue convinzioni e ci permette (purtroppo??) di andare avanti con il film.
Se qualcuno sentiva veramente la necessità di un altro film che parlasse di diavolo, possessione, lotta contro il maligno e scontato esorcismo finale diciamo che non è questa la pellicola che potrà soddisfare i suoi desideri. Un pur bravo Anthony Hopkins, il ruolo dell’esorcista e protagonista del film sembra essere scritto su misura per lui, non basta a nostro avviso a farci staccare il biglietto del cinema.
Decisamente discutibile la sceneggiatura che cerca di trasportare nel terzo millennio un tema antico e pieno di mistero come la possessione diabolica. Il corso nella Città del Vaticano, ipertecnologico e con il supporto della multimedialità, distrugge ogni ipotesi, seppur accennata, di pathos.
Le stesse sequenze dell’esorcismo sono lontane imitazioni di quelle viste ne ‘L’Esorcista’ e lo scadere nel grottesco impedisce di regalare anche un minimo di ‘horror’ che dovrebbe (o potrebbe) essere il tema conduttore del film.
Un lungo e scontato finale non scuote lo spettatore più di tanto. Resta giusto apprezzabile la descrizione di Roma, finalmente non descritta come una bellissima ed ‘immobile’ cartolina, la cui descrizione caotica serve comunque a contrastare la calma che regna nella Città del Vaticano.

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