Recensione di: Four Lions
Videa-CDE ci fa un vero e proprio regalo distribuendo in Italia “Four Lions”, dell’esordiente, dietro la macchina da presa, Chris Morris (già notissimo autore/conduttore delle tv e radio britanniche). Lo humor nero, si sa, è un genere che ami incondizionatamente o odi senza possibilità d’appello. Bisogna possedere una buona dose di ironia e la capacità di ridere senza reticenze anche delle situazioni più tragiche, che nella commedia e nella sua declinazione grottesca consentono allo spettatore di divertirsi ragionando, come spiegava molto bene Pirandello nel suo trattato sull’umorismo. Stavolta ad essere preso poco “sul serio” è il terrorismo di matrice islamica, dove la Jihad è una guerra fatta da poveri disgraziati che vuoi per ignoranza, vuoi per mancanza di alternative (dal loro punto di vista!) rispetto alla mancata integrazione causata dai Paesi nei quali sono emigrati, si vedono costretti a progettare un attentato. L’escalation di situazioni che mettono completamente in ridicolo la preparazione all’atto terroristico (dall’addestramento in Pakistan, alla progettazione di casalinghi ordigni esplosivi e al disaccordo sul luogo nel quale agire) sono un percorso ad ostacoli che si conclude con un epilogo talmente esilarante nella sua tragicità, da meritare le nostre risate più fragorose. Inutile fare il resoconto di tutte le difficoltà produttive che il regista ha dovuto superare per portare a compimento il proprio film, giudicato “ovviamente” troppo controverso visto il periodo storico che stiamo affrontando. Ed è proprio qui l’errore! Si ha come la tendenza, e in alcuni casi la impellente necessità, di affrontare certe tematiche esclusivamente con registri drammatico/documentaristici, escludendo a priori che la risata, quale mezzo potentissimo di scrittura nella memoria, sia lo strumento con il quale porre degli interrogativi e dare spazio alla riflessione. Nel film il kamikaze viene rappresentato nella sua inadeguatezza di fronte all’alternativa della vita, perché nel suo credo è ciò che c’è dopo la morte ad essere realmente importante. La demenzialità con la quale viene rappresentata la progettazione dell’attentato non è altro che la constatazione di quanto si venga assoggettati a ridicole teorie sulla punizione degli infedeli, ma, nello stesso tempo, il film non si pone mai al di sopra di tali ideologie sfoderando constatazioni moraliste e vagamente religiose.
Serena Guidoni