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Recensione di: I Guardiani del Destino

Philip K. Dick è uno degli autori di fantascienza e narrativa americana più cinematograficamente trasposti, e non a torto! I suoi racconti che si snodano lungo il tortuoso percorso della Storia Americana, a partire dal Dopoguerra, attraverso una caleidoscopica visione della “realtà” nella quale intervengono, fra gli altri, temi come il divino, la forza dell’uomo e la sua volontà per sovvertire la manipolazione da parte di “enti superiori”, e le lungimiranti teorie dell’autore sulle alterazioni ad opera dei mass media, sono il terreno sul quale il cinema non ha potuto fare a meno (per sua stessa natura), di dare il suo contributo. Il racconto in questione è intitolato “Squadra riparazioni” (“Adjustment Team”, 1954), pubblicato per la prima volta sulla rivista “Orbit Science Fiction”, e sul quale il neo regista George Nolfi (già sceneggiatore di “Ocean’s Twelve” e co-sceneggiatore di “The Bourne Ultimatum”), costruisce un film avvincente e ricco d’azione, ma che dilatandosi eccessivamente sia nel racconto della vicenda che nella liaison dangereuse fra i due protagonisti, rischia di sovrastare e mettere del tutto in ombra il nucleo fondamentale del plot: abbiamo piena libertà sul nostro destino, o ci sono delle forze invisibili che ci manipolano? Sta per vincere un’elezione per la carica di Senatore degli Stati Uniti, quando l’ambizioso uomo politico David Norris (Matt Damon) incontra la ballerina Elise Sellas (Emily Blunt), una donna come non ne ha mai conosciute. Appena realizza di essersi innamorato di lei uomini misteriosi cospirano per separarli e tenerli lontani l’uno dall’altra. David scopre che si trova davanti gli agenti del Destino, gli uomini del Adjustment Bureau, che useranno tutto il loro notevole potere per evitare che David ed Elise stiano insieme. Il bivio nel quale il protagonista si ritrova suo malgrado, lo sottopone all’importante decisione fra perdere per sempre la sua amata e accettare il suo percorso predeterminato, e di sicuro successo personale, o rischiare tutto per combattere il destino e stare con lei. Se in buona sostanza il film sostanzialmente è godibile, gli amanti di Dick, non potranno fare a meno di storcere il naso di fronte all’assenza di quel Pessimismo che “ristagna” nei suoi racconti, e che qui viene completamente eliminato, a favore di una eccessiva dose di buonismo e moralismo che hanno, nell’apologo finale, un’exploit decisamente  troppo stucchevole e melense.

Serena Guidoni

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