Recensione di: Dreamland – La terra dei sogni
Storia di riscatto e di formazione ambientata nel 1951, fra il sud Italia e gli Stati Uniti. James De Cristofaro, giovane italiano emigrato in USA, è un teppistello che vive opprimendo chi lavora. Sarà Frank, anziano artigiano da lui taglieggiato, a fargli cambiare vita insegnandogli l’arte della boxe. Opera prima del romano Sandro Ravagnani, è il film destinato a scalzare “Alex l’ariete” dal podio della comicità involontaria made in Italy. Avete presente le telenovelas italiane, trasmesse da tv locali, che la Gialappas commentava ed irrideva nella trasmissione “Mai dire tv”? Bene, qui è come assistere ad una puntata lunga 90 minuti, esilarante dall’inizio alla fine. L’elenco dei difetti è così lungo che è difficile capire da dove iniziare a descriverli. La regia è inesistente, e quando esiste sono dolori: scene di violenza ridicole, incontri di pugilato fintissimi, inquadrature da soap di terza categoria, momenti di kitsch indimenticabile (la partenza per l’America di James bambino è sublime, anche per la scelta delle musiche). Del montaggio, poi, meglio non parlare. Per quanto riguarda gli attori, se escludiamo il bravissimo Tony Sperandeo e qualche altra presenza come Nino Fuscagni nel ruolo del sacerdote Don Giovanni (!), le poche battute dei bambini danno la polvere a quelle degli adulti. Gli interpreti sono quasi tutti insufficienti, per usare un eufemismo, e sono diretti in un’ottica da “buona la prima” che consente loro di mangiarsi liberamente le parole neanche si trattasse di uno spettacolo in diretta tv. Ivano De Cristofaro non si discute quanto a prestanza fisica, ma come attore ha dalla sua solo la simpatia affettuosa che può ispirare la vaga somiglianza con Pasquale Laricchia del Grande Fratello in versione ultra-palestrata. Quanto a Franco Columbu, anch’egli nato come culturista, gli va riconosciuto il merito di far comparire per qualche attimo un certo suo famosissimo amico di vecchia data (non voglio rovinare la sorpresa). Sembra, insomma, di guardare uno di quei film amatoriali che si girano alle medie fra amici. Sia chiaro, nel suo trash all’ennesima potenza “Dreamland” è indubbiamente divertente, mai noioso, e le risate che offre sono una sana alternativa per sollevare l’umore dopo una giornata difficile. E’anzi prevedibile che al botteghino le sue mastodontiche magagne si rivelino una insospettabile cassa di risonanza.