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Poulet aux prunes – Recensione

Presentato alla 68ª Mostra del Cinema di Venezia, Poulet aux prunes, tratto dalla graphic novel di Marjane Satrapi, co-regista del film insieme al fumettista francese Vincent Paronnaud.  I due avevano già portato sullo schermo “Persepolis”, l’acclamata trasposizione animata del capolavoro biografico a fumetti dell’autrice iraniana. Stavolta si tratta invece di un film live con evidenti stilizzazioni da cinecomic in un’atmosfera fortemente surreale. “Poulet aux prunes”, letteralmente “Pollo alle prugne” ovvero il piatto preferito del protagonista, è la storia del musicista Nasser Alì Kahn (Mathieu Almaric) che decide di lasciarsi morire dopo la distruzione del suo amato violino durante una lite con la moglie. Intrappolato in un matrimonio infelice, Nasser ha dovuto rinunciare al suo amore di gioventù, la bella Iran. A differenza della sua opera prima che era sostanzialmente un dramma autobiografico edulcorato grazie alla tecnica dell’animazione, questa nuova pellicola è sì girata con attori in carne ed ossa e racconta una storia fondamentalmente tragica, ma con un tono scherzoso e favolistico accentuato da inserti onirici e sfondi disegnati. Il film oscilla continuamente fra presente, passato e futuro, infatti la storia del suo eccentrico protagonista ci viene presentata attraverso siparietti divertenti costruiti con continui flashback e flashforward. Il personaggio di Nasser Alì è dunque un personaggio che si evolve pian piano di fronte agli occhi dello spettatore e man mano che la sua storia si dipana, il suo fascino ed il suo carisma aumentano, come del resto si modifica il film stesso che, da commedia grottesca, assume via via i toni di una poetica fiaba d’amore. Il risultato è una pellicola dall’atmosfera magica, anarchica dal punto di vista narrativo e stilistico, cui contribuisce in modo decisivo il suo protagonista, un Mathie Almaric ancora una volta più che convincente, tenero ed intenso allo stesso tempo.  Il suo Nasser Alì, dai lunghi baffi e dalle mille sfaccettature, è il vero cuore pulsante di un film che comunque non disdegna comprimari di alto livello (Maria De Medeiros, Edouard Baer, Golshifteh Farahani ma anche Chiara Mastroianni e Isabella Rossellini). Pur non essendoci un lieto fine, come ogni fiaba che si rispetti, non rimaniamo delusi di fronte ad un’autrice che, attraverso la propria arte, continua a raccontare se stessa ed il proprio Paese.

Sara D’Agostino
 

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