Alpis (Alps) – Recensione
“Alps”, il nuovo film del greco Yorgos Lanthimos, sbarca in concorso alla 68esima Mostra Internazionale del film Venezia.
Un’infermiera, un paramedico, una ginnasta e il suo allenatore hanno costituito un servizio che consiste nell’essere noleggiati a seconda delle richieste, per sostituire le persone morte su appuntamento. Vengono chiamati dai parenti, dagli amici o dai colleghi dei defunti, che per ovviare al dolore tentano questa bizzarra soluzione. La compagnia si chiama proprio Alps (Alpi), e il loro capo, il paramedico, si fa chiamare Mont Blanc (Monte Bianco). Ma nonostante i membri di Alps sottostiano ad un regime disciplinato sotto le regole imposte dal leader, l’infermiera non le rispetta…
Lanthimos come già in “Kynodontas”, (candidato agli Oscar come Miglior film straniero 2010), affronta di nuovo il tema della realtà. Infatti nel precedente film, narrava la storia di un padre ed una madre che avevano creato un mondo perfetto dove crescere i propri figli, ovvero la propria casa, dove le mura esterne non si potevano oltrepassare.
In questo lavoro invece, il gruppo capitanato da Mont Blanc svolge il compito di sostenere le persone colpite da un lutto, e per farlo devono immedesimarsi nei defunti e calarsi nella parte come dei veri e proprio attori. Il gruppo poi ha un codice, un manifesto di 15 regole che bisogna rispettare alla lettera. Perché essere membro di Alps significa avere responsabilità enormi quanto quelle dei genitori in “Kynodontas”: essere attori perfetti per mantenere in piedi questa realtà fittizia. Essere membro di Alps, vuol dire essere onorati di avere un titolo del genere e appartenere al gruppo: e bisogna “essere pronti ad uccidere o morire per esso”. Assumersi le responsabilità del caso e mantenere il personaggio fino alla fine. Basta solo non farsi prendere la mano.
Film dalla trama originale e bizzarra, che non trascura una morale, ma dai ritmi decisamente lenti con dialoghi semplici che spiazzano lo spettatore.
Sonia Serafini