Wuthering Heights (Cime tempestose) – Recensione
Accolto con applausi, ma con un pizzico di dissenso e qualche fischio, il film di Andrea Arnold, un libero adattamento del romanzo di Emily Brontë (1847), approda alla 68ª Mostra del cinema di Venezia. Wuthering Heights rivela, a parer mio, tutte le difficoltà che può comportare la trasposizione cinematografica di un romanzo Ottocentesco. La Arnold dà dell’opera della Bronte una lettura personalissima, trasformando lo ‘zingaro’ Heathcliff in un ragazzo di colore venuto da un paese lontano e restituendo ai protagonisti una giovane età, stranamente mai sottolineata nelle altre numerose trasposizioni cinematografiche e televisive. Nonostante le rigide convenzioni sociali dell’epoca, l’amore tra i due ha i connotati della passione adolescenziale, assoluta e senza mezze misure. Forse proprio questo aspetto, se da un lato è l’aspetto più originale e riuscito della pellicola, dall’altro diventa un limite. La narrazione sembra infatti esserne monopolizzata, perdendo gran parte, forse troppo, del romanzo originale. Rispetto a quest’ultimo, il film sembra infatti non dare abbastanza rilievo alla forza devastante dell’amore fra Catherine e Heathcliff, una potenza distruttrice che coinvolge le loro famiglie. Operando un netto lavoro di sottrazione, con dialoghi ridotti all’osso, per non parlare della colonna sonora (fatta eccezione per alcuni canti tradizionali britannici e per i rumori minacciosi della natura, sempre in primo piano) la Arnold sacrifica in parte tutto l’aspetto sanguigno e violento della storia, creando un climax narrativo che sembra non portare ad una vera e propria conclusione soddisfacente. La prima parte del film, che ci mostra l’infanzia dei due protagonisti, la cui storia d’amore ben rappresenta i turbamenti e le scoperte di un’età di per sé problematica, spunto che la Arnold non monopolizza di certo ma che contribuisce a dare pathos al racconto, è sicuramente quella più riusita. La seconda parte è purtroppo caratterizzata da un brusco rallentamento del ritmoe da una recitazione degli attori spesso monocorde: si resta in attesa di un’esplosione finale, della rabbia vendicativa di Heathcliff, che non arriva mai. La macchina da presa indugia, con eccessiva lentezza, sui paesaggi dello Yorkshire che diventano dei veri e propri personaggi, e non riesce nemmeno a lambire gli aspetti più viscerali della storia.
Sara D’Agostino