Texas Killing Fields – Recensione
In chiusura alla 68ª Mostra del Cinema di Venezia un thriller basato su fatti realmente accaduti: Texas Killing Fields. Il film, diretto da Ami Canaan Mann, figlia di Michael Mann (regista fra gli altri de L’Ultimo dei Mohicani, Collateral e del più recente Nemico Pubblico), è stato infatti sceneggiato da Don Ferrarone, ex agente della DEA di New York, che si trovò a dover affrontare l’oscura realtà dei Killing Fields, una zona paludosa ai margini di Texas City. In questa zona sono stati ritrovati, nel corso degli anni, i corpi assassinati di moltissime giovani donne, fatto che sicuramente ha convinto la Mann e la sua troupe a raccontare la storia di una realtà così difficile. I protagonisti del film sono due poliziotti: Mike (Sam Worthington), nato e cresciuto in Texas, e Brian (Jeffrey Dean Morgan) originario di New York. I due vengono chiamati da Pam, ex moglie di Mike, per indagare sulla scomparsa di una ragazza, la cui macchina è stata appunto ritrovata nei killing fields. Nel corso delle indagini emergono vari indiziati, ma si aggiungono altre vittime. Quando ad essere rapita è Little Anne (Chloe Moretz), una ragazzina di strada di cui Brian si sta prendendo cura, i due sono costretti ad avventurarsi nel cuore dei Killing Fields nel tentativo di salvarla. L’indagine poliziesca costituisce senza dubbio l’asse portante del film e guida lo spettatore nelle zone più impervie ed inospitali dell’America del Sud, caratterizzate da degrado e miseria in cui la criminalità affonda le sue radici. La vasta area paludosa dei Killing Fields in cui la natura ossessiva dell’ambientazione, una zona viscida e spoglia come fosse abitata da fantasmi, sembra legittimare la violenza di crimini efferati e spesso ne nasconde le tracce. A tal proposito l’ambiente diviene un vero e proprio protagonista del film, che ne trae beneficio sia in termini visivi che propriamente narrativi. Nel complesso il film risulta scorrevole e ricco di colpi di scena nonostante la Mann, alla sua seconda prova da regista dopo Morning, pecchi di scelte registiche spesso poco originali e lo svolgimento dell’intreccio presenti dei buchi e dei rallentamenti.
Sara D’Agostino