Katyn – Recensione
Con “Katyn” Andrzej Wajda, il più grande cineasta polacco (premiato con l’Oscar alla carriera nel 2000), ci racconta la dolorosa vicenda dell’eccidio nel 1940 di 22.000 soldati polacchi, trucidati dalla NKVD per ordine di Stalin, e delle loro famiglie che, inconsapevoli di quanto accaduto, aspetteranno il ritorno dei propri mariti, padri, figli e fratelli. Tratto dal romanzo “Post Mortem” di Andrzej Mularczyk, il film era un progetto che Wajda aveva già da molti anni, perché in parte direttamente coinvolto nell’avvenimento; suo padre, infatti, fu trucidato in quel tragico episodio. All’inizio della Seconda guerra mondiale, il 17 settembre 1939, dopo l’invasione della Polonia da parte della Germania nazista, anche l’Armata Rossa sconfinò sul suolo polacco per ordine di Stalin. Gli ufficiali polacchi furono fatti prigionieri dai Russi. Anna, la moglie di un Capitano del Reggimento Uhlan, attende il ritorno del suo uomo e, sebbene abbia già ricevuto la prova inconfutabile del suo assassinio da parte dei Russi, si ostina a rifiutare la realtà. La moglie di un Generale, invece, apprende la morte di suo marito dopo la scoperta da parte dei Tedeschi di fosse comuni di ufficiali polacchi nella foresta di Katyn. Agnieszka, la sorella di un pilota, ha invece il cuore spezzato dal muro di silenzio e di omertà che circonda l’assassinio del fratello. Jerzy, un amico del Capitano, arruolatosi nell’Armata del Popolo Polacco, è l’unico sopravvissuto. Cosa ne sarà di queste donne che attendono i loro amati in Polonia e che alla fine della guerra si ritroveranno sotto l’egemonia della Russa? Parole come patria e libertà manterranno lo stesso significato per coloro che hanno accettato il nuovo stato delle cose? Il film è un’inflessibile resa dei conti con la menzogna creata dal potere comunista per costringere la Polonia a dimenticare coloro che furono uccisi. Una memorabile ammissione di colpevolezza avvenne il 13 aprile del 1990, quando, a Mosca, durante l’incontro con il presidente polacco Jaruzelski, Gorbaciov, consegnandogli due pesanti contenitori di cartone nero contenenti i nomi dei polacchi massacrati, ammise la responsabilità sovietica nei fatti di Katyn. Il film si colloca a metà strada tra una fedele rievocazione storica e una narrazione più “domestica” della struggente vicenda che ha colpito i familiari delle vittime.
Serena Guidoni