Cosa piove dal cielo – Recensione
Sebastian Boresztein firma una storia che affascina, diverte e commuove al tempo stesso e conquista il pubblico e il Festival del Film di Roma. Abile regista e di tradizione comica (è figlio di un comico argentino), risulta davvero eccellente nel descrivere gli stati d ‘animo, i silenzi, le timidezze, le scenette paradossali e surreali però straordinariamente calate nella realtà di una grigia e apparentemente noiosa Buenos Aires. Procediamo con l’ intreccio. Roberto (Ricardo Darin) è un uomo burbero e solitario, non ama la compagnia di nessuno e di nessuna, si spazientisce facilmente con i clienti e la loro stupidità mentre cerca di tirare avanti nella sua “ferreteria”(ferramenta), lasciatagli dal padre Cesare. La sua vita trascorre scandita dai ritmi delle viti e dei bulloni che maneggia nel suo negozio. Poi improvvisamente accade qualcosa che rompe la banalità della sua vita e del film. Incontra ad una fermata di autobus un ragazzo cinese di 25 anni, Jun, impaurito e solo che viene scaraventato giù da un taxi. Il burbero Roberto lo raccoglie e , in un idioma assolutamente comprensibile, perché fatto di sguardi, di gesti e di silenzi, lo conduce in giro per la città cercando di farlo ricongiungere con il parente lontano che sta cercando . Ecco che ci appare una Buenos Aires diversa dal solito, fatta di luoghi insoliti e quotidiani, come le ambasciate cinesi con spassosissimi dipendenti sovrappeso , i commissariati con guardie violente e poco disponibili, il quartiere cinese e le case argentine della squallida comitiva del protagonista, dove si ritrovano tutti , cinese compreso, a mangiare carne ed interiora di mucche, come nella migliore tradizione argentina. Intanto passano i giorni ed il giovane orientale non riesce a trovare suo zio e crea un dolcissimo scompiglio nella vita noiosa di Roberto,che spilla sul calendario ogni ora passata con Jun e francamente non vede l ora di liberarsene. Ci prova un giorno,quando indispettito perché il ragazzo , nel fare le pulizie, mette a soqquadro casa sua rompendo la preziosissima teca di vetro in cui Roberto tiene tutti i gingilli di vetro cari alla madre scomparsa. Ma appena scaricato e messo su di un taxi il povero ragazzo, il burbero protagonista dal cuore d’oro già si è pentito. Ma stavolta sarà il cinese a trovare lui e a soccorrerlo mente la guardia scorbutica e violenta si vendica del cazzotto in commissariato. Quando ormai la convivenza trai due si è arricchita ulteriormente del riscatto da parte di entrambi, ecco che squilla il telefono per annunciare al cinese che finalmente potrà ricongiungersi con i parenti che tanto stava cercando e noi tutti ci sentiamo da un lato sollevati per la fine della convivenza forzata tra due mondi, due culture differenti ma comunque portate ad incontrarsi con dignità e rispetto ed aiuto reciproco da due dei loro migliori rappresentanti, ma dall’ altro è come assistere alla fine di un amicizia e di un legame creato in sintonia con le corde dello spettatore. Durante una delle ultime chiacchierate con lui , grazie all’aiuto di un commesso cinese del ristorante, Roberto viene a conoscenza del segreto più atroce ma anche più spassoso che i suoi quaderni con i ritagli di giornale abbiano mai visto riguardo al ragazzo cinese e finalmente anche il pubblico si riallaccia alla scena iniziale che aveva accolto con fragorose risate, ma che ora giustifica con il sorriso a denti stretti di una storia paradossale ma realmente accaduta.
Elena Pompei