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Someday this pain will be useful to you – Recensione

Tratto dall’ omonimo  romanzo  di Peter Cameron del 2007, il film si ispira alla storia di un giovane ragazzo newyorkese, carino, colto ma convenzionalmente  ritenuto   disadattato. James Sveck (Toby Regbo), questo è il nome del protagonista, vive nella sua casa di New York, in compagnia della sorella e della madre e la scenetta iniziale, dopo il prologo da suicida del ragazzo,   fa subito capire e comprendere le dinamiche  della classica famiglia alla deriva modello soap-opera. La madre infatti, (Marcia Gay Harden) ritorna in  anticipo e piangente dal suo viaggio di nozze, il terzo per la precisione,  poiché  si è   resa conto che l ‘uomo che ha spostato è un vizioso giocatore di settant’anni (Barry Rogers) , interessato apparentemente solo a l suo conto in banca. A consolarla i suoi due figli, il protagonista appunto, James, il più piccolo e sua sorella ( Deborah Ann Wall), bionda  alternativa e innamorata perdutamente del suo professore universitario, sposato e polacco. Da subito la pellicola si presenta piena di stereotipi all’americana, cominciando dalle location e dalla struttura dei personaggi, ma il tutto viene filtrato dagli occhi del giovane James, apparentemente distaccato, contrariato se non addirittura disgustato  da questo genere di famiglia e di stile di vita. Il ragazzo, una sorta di  giovane Holden, si guadagna da vivere durante  l’ estate pre- college, nella galleria d’arte della madre, portando la colazione e facendo fotocopie per il direttore artistico della galleria, un gay gentilissimo e bellissimo. Ma James non si riesce ad integrare; tutti vogliono da lui qualcosa che non è e non riesce ad essere e soltanto alla fine di questo percorso di maturazione e formazione riuscirà a prendere piena consapevolezza del proprio corpo e della propria intelligenza.  L’’unica in  grado di capirlo e sostenerlo è sua nonna Nanette( Ellen Burstyn), una vecchia adorabile signora che vive in campagna con cani e gatti e adora ballare e sentire vecchi dischi su vinile. Gli incontri tra i due sono l’avvicinamento possibile non solo tra due mondi , ma tra due sensibilità silenziose e  vivaci, che non trovano posto nel fragore della metropoli e del consumismo e preferiscono il buen ritiro della campagna e del giardino. Nanette rappresenta per James non solo una nonna mamma, ma anche un amica consigliera che dispensa saggezza e buon gusto là dove i genitori sono solo orrendamente presi da loro stessi. A concludere il quadretto della nuova famiglia perfetta, c è il padre (Peter Gallagher), esilarante uomo d ‘affari che pranza con il figlio in ufficio, ossessionato dal fatto che possa essere gay solo perché vorrebbe fare ed imparare all’università un mestiere manuale, anziché entrare a far parte dell’elite culturale e manageriale dei migliori studenti d’America e che impazzisce per la chirurgia plastica e le segretarie giovani. Ma quando il giovane tenta di fare il giovane e compie una “ragazzinata” ai danni del  direttore della galleria di sua madre, mettendolo in imbarazzo davanti alla società, tutti gli si rivoltano contro e ci si rende conto di quanto può essere destabilizzante un mondo dove altri vorrebbero scegliere per te anche quando stai solo giocando e vivendo i tuoi diciassette anni. Con sottile ironia e pacatezza di toni, Faenza, regista e sceneggiatore di successo italiano,  si mette alla prova con un testo complesso e un gruppo importante di attori americani e  mette in scena i disagi e la sensibilità dell’essere considerato  “diverso” “tormentato” (pained), in un contesto dove proprio l’animo romantico e sublime  viene percepito come un caso clinico  da curare. Infatti nel secondo tempo, la madre insisterà perche il figlio sia seguito da una sorta di  motivatore, una nuova figura professionale molto in voga oltre oceano,  il “life coach” (come se  per essere pronti e arrivare allenati alla vita avessimo bisogno di qualcuno che ci spiega come si fa, delegando a lui tutte quelle spiegazioni e   attenzioni che non ci hanno saputo dare gli altri), la dottoressa Hilda Temple (Lucy Liu). Il life coach condurrà il ragazzo tra i sentieri di Central Park di  corsa,  cercando di temprare il suo fisico e tirando fuori dubbi e disagi, che vengono ricordati con un ampio flash back dal protagonista. L ‘anticonformista James riuscirà alla fine a mettere nero su bianco il suo dolore e a capire che l’esperienza e anche le delusioni dell’adolescenza, per quanto questa possa essere amara e fallimentare, presentano un serbatoio importantissimo che ci farà essere gli uomini e le donne di domani.
 

Elena Pompei

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