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Recensione di: Real Steel

‘Real Steel, quando il coraggio è più forte dell’acciaio’ recita la locandina originale del film. Un titolo che è un trionfo di testosterone..per una bella favola distribuita dalla Walt Disney Pictures. Questa pellicola diretta da Shawn Levy, regista con un passato tutto commedie e risate tra cui spicca ‘Una notte al museo’, racconta la storia del casinista Charlie Kenton (Hugh Jackman) che si riscopre improvvisamente padre grazie al piccolo Max (Dakota Goyo). Sullo sfondo l’anno 2020 e il nuovo sport ufficiale americano che ha rilevato Wrestiling e Boxe: la lotta tra robot. E a sancire questo nuovo legame tra i due chi meglio di un inutile rottame chiamato Atom, apparentemente buono solo per essere smembrato in pezzi di ricambio per altre macchine? Padre, figlio e robot, teneramente in tre alla scoperta dei loro pregi e dei loro difetti. Hugh Jackman sveste i panni del duro invicibile stile Wolverine (niente basettoni e niente ciuffi ribelli per capirci) per interpretare in modo assolutamente credibile un ex pugile caduto in disgrazia e pieno di debiti, supportato e sopportato dalla sola Bailey (una Evangeline Lilly a tratti commovente) sua fan, poi ragazza, poi ex, poi amica, poi collaboratrice, a seconda dell’esigenza insomma. Come tutte le belle favole il film presenta una trama prevedibile e senza particolari colpi di scena, ma nonostante ciò Levy riesce a regalare allo spettatore un buon grado di spettacolarità grazie ai combattimenti ultratecnologici tra robot e grazie alle emozioni che il simpatico esordiente Dakota riesce a regalare. Sicuramente coinvolgente poi lo scontro finale tra Rocky Balboa e il russo Ivan Drago, in un remake quasi spudorato (o forse un omaggio?) di Rocky IV con ovviamente i robot al posto dei due pugili. Ma non sempre bisogna stupire per regalare un grande spettacolo, e questo film, grazie a un buon ritmo e a sentimenti genuini e a tratti commoventi, ne è la controprova. E vedere il film vicino a un bambino di cinque anni che ride, piange, tifa ed esulta innocentemente sicuramente aiuta a non porsi troppe domande e a godersi una bella favola.

Daniele Riccardelli

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