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Recensione di: Capodanno a New York

Garry Marshall, padre della commedia “new-romantic” (Pretty Woman, 1990, solo per citare uno dei più celebri!), dopo aver scavato dietro le “teatrali” abitudini del giorno di San Valentino, ci porta in un altro evento che richiama l’attenzione del mondo intero: il Capodanno a New York e precisamente a Times Square. Riversati nella famosa piazza o incollati al televisore di casa, milioni di americani attendono trepidanti l’inizio di un nuovo anno sancito dalla famosa sfera luminosa che in maniera cadenzata, ad un minuto esatto dalla mezzanotte, scende in verticale e comincia il suo countdown. Claire (Hilary Swank), neo eletta Vice Presidente del Times Square Alliance, è la persona che deve fare in modo che questo importante appuntamento “scivoli” liscio senza il minimo intoppo. Questa la base dalla quale si dipanano mille e uno storie anch’esse scandite dal tempo che scorre. Ingrid (Michelle Pfeiffer) segretaria frustrata, decide di lasciare il suo lavoro per adempiere alla lista di “cose da fare” entro l’anno, e per fare ciò si fa aiutare dal fattorino Paul (Zac Efron). Randy (Ashton Kutcher), rimane chiuso in ascensore con Elise (Lea Michele), una giovane cantante al suo debutto proprio nel concerto a Times Square accanto alla popstar Jensen (Jon Bon Jovi), quest’ultimo alle prese con un vecchio amore. Hailey (Abigail Breslin), è una quindicenne che attende di dare il suo primo bacio allo scoccare della mezzanotte, come da tradizione, ma per farlo deve venire meno agli ordini imposti dalla madre Kim (Sarah Jessica Parker). In ospedale due coppie attendono la nascita del loro bambino che potrebbe essere il fortunato Primo dell’Anno. In un altro ospedale, invece, Stan (Robert De Niro) è assistito nei suoi ultimi istanti dall’infermiera Aimee (Halle Berry). Il cast è sicuramente di altissimo livello, sembra quasi che in questo film si sia riunito tutto lo star system hollywoodiano ma, nello stesso tempo, l’eccessiva carne al fuoco messa dal regista, finisce col stordire lo spettatore, distratto più dall’attesa di sapere quale altro volto celebre verrà inquadrato che dall’effettivo desiderio di scoprire come si risolveranno le varie storie. Un cinema leggero, senza eccessive pretese educative o moralizzatrici, finalizzato all’intrattenimento puro e semplice, ma che a tratti è talmente melense da condurre fino allo sfinimento.

Serena Guidoni
 

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