Emotivi Anonimi – Recensione
Per questo Natale provate ad addolcirvi la bocca con questo “cine-cioccolatino” made in France.
Gli Emotivi Anonimi del titolo sono Angélique e Jean-René, due iper-emotivi all’ennesima potenza. Lei (Isabelle Carré) è una cioccolataia rimasta senza lavoro insicura al limite della patologia che si presenta alla “Fabrique de Chocolat” dove viene subito assunta dal proprietario Jean-René (Benoit Poelvoorde), un uomo scostante e schivo in apparenza ma in realtà affetto da disturbi di ansia cronica e crisi di panico. Per un equivoco, Angélique viene assunta come responsabile delle vendite. A causa della sua timidezza, la giovane donna non riesce a confessare che lei in realtà è una cioccolataia di talento (sotto le mentite spoglie di un misterioso “maestro eremita” produceva cioccolatini di pregio per un pasticcere ora defunto). La donna è quindi costretta ad affrontare la propria difficoltà a comunicare, per cercare di salvare la fabbrica dal fallimento. Intanto Jean-René su consiglio del suo psicoanalista, per affrontare ansia e timidezza, deve invitare a cena una donna: la sua scelta cade proprio su Angélique. L’incontro tra i due “iper-emotivi” porterà a nuovi sviluppi sia in campo amoroso che in campo professionale.
No, non siamo dalle parti di Chocolat, grande successo di Lasse Hallstrom con una deliziosa Binoche maga del cioccolato, nonostante alcune somiglianze (come l’abilità della protagonista a creare piccole delizie di cacao e la filosofia che “la nera golosità” può intenerire anche il cuore più indurito). Qui, con la scusa del cioccolato, si parla di solitudini, di difficoltà a relazionarsi con gli altri, di paura di emozionarsi, rischiare, in una parola, vivere.
Commedia delicata e un po’ fuori dal tempo (per colori e ambientazioni) ma anche attualissima per il tema affrontato. Chi di noi non si è mai sentito, almeno per una volta, preoccupato del giudizio altrui? Tutti, più o meno: ma se per qualcuno si tratta di una preoccupazione passeggera, a qualcun altro capita di cadere nell’ansia totale se non addirittura nel panico. E così accade che tante persone di talento siano frenate dalla troppa timidezza (come accade alla protagonista Angélique che riesce ad esprimere la sua abilità solo nel completo anonimato) oppure che persone imprigionate nella loro mediocre quotidianità non riescano a uscire dal loro guscio (come il protagonista Jean-René incapace persino di stabilire un semplice contatto fisico).
I due protagonisti hanno il grande merito di rendere alla perfezione emozioni forti e contrapposte: timidezza e attrazione, imbarazzo e tenerezza, paura e desiderio. Sono proprio loro, Isabelle Carré (interprete fra gli altri de Il rifugio di François Ozon) e Benoit Poelvoorde (visto di recente nella commedia francese Niente da dichiarare? accanto a Dany Boon nei panni di un doganiere belga razzista e intollerante) la cosa migliore del film: due interpreti semplicemente deliziosi. Ma va dato merito al regista Jean-Pierre Améris, alla sua prima prova in una commedia, di aver costruito una favola surreale (ma non troppo) che prende le mosse da uno spunto fortemente autobiografico. Ex (o forse non del tutto) “Emotivo Anonimo” che ha frequentato le riunioni dell’associazione “Les Emotifs Anonymes” che funziona come altri gruppi di appoggio che si propongono di aiutare persone affette da particolari disturbi o dipendenze (un po’ come gli Alcolisti Anonimi), Améris dimostra di saper giocare con un tema non facile firmando un’opera in cui raffinatezza e garbo dominano ininterrotti per ottantadue minuti. Una fiaba al sapore di cioccolata ma in cui non si fa indigestione, perché tutto è diluito dalla sottile e amarognola ironia con cui è trattato un disturbo che porta a solitudine e asocialità. Un disagio prepotentemente attuale soprattutto in tempi come questi, dominati da modelli “vincenti” e al limite dell’irreale perfezione (interiore ed esteriore).
E se dopo tanti cine-panettoni, luccicanti e “caciaroni”, un piccolo “cine-cioccolatino” che trascina in un mondo sognante e romantico fosse molto meno indigesto e infinitamente più delicato al palato? Assaggiare per credere.
Elena Bartoni