40 Carati – Recensione
Nick Cassidy (Sam Wortinghton) è un ex poliziotto, evaso di prigione, pronto a tutto pur di dimostrare la propria innocenza dopo esser stato accusato ingiustamente del furto di un diamante. Prende così una camera nel famoso Roosvelt Hotel, all’incrocio tra la 45esima e Madison Avenue, ordina una colazione sostanziosa, prepara un biglietto d’addio e si piazza sul cornicione minacciando alla folla, che nel frattempo si accalca sulla strada, di buttarsi da un momento all’altro. Accorre la polizia, la gente urla, accorrono i media, urlano pure loro, l’ex sbirro fa un passo falso, forse cade, anzi si butta, ma niente, rimane lì impalato. Perché? Nick la sa lunga, prende tempo per darne al fratello (Jamie Bell), che nel frattempo, nell’edificio accanto, si intrufola come il miglior topo d’appartamenti per ritrovar la prova che consenta di scagionare il fratello.
Costruito come un puzzle da svelare lentamente, pezzo per pezzo, “Man on a Ledge”, letteralmente “l’uomo sul cornicione”, tradotto maldestramente in “40 Carati”, titolo che finisce per mortificare l’intreccio, svelando più di quanto si volesse, si rivela in realtà un debole castello di carte con qualche buco, alcune incongruenze e parecchia inverosimiglianza.
Non se la cava neanche troppo male Asger Leth, documentarista danese alle prese col suo primo action movie, puntando tutto su azione, movimento e scene d’impatto, nel tentativo di mantenere alta l’attenzione dello spettatore, eppure il film rimane prevedibile, quasi scontato, in fin dei conti senza una vera anima.
Non lo aiuta neanche lo sceneggiatore, Pablo F. Fenjves, che qui dimostra il suo background televisivo, “colpevole” di non aver sviluppato al meglio alcuni aspetti di una sceneggiatura forse un po’ leggerina e con qualche buco di troppo, vedi il rapporto tra i due poliziotti, Cassidy e Lidya (Elizabeth Banks), il passato drammatico di quest’ultima, che qui appare quasi ridicolo e l’aver lasciato ai margini, senza troppe sfaccettature, il cattivo di turno, David Englander (Ed Harris) costruttore diabolico e senza scrupoli.
Non lo aiutano gli attori, le cui interpretazioni, ad eccezione di Ed Harris, sono limitate al “compitino” e non resteranno certo negli annali.
40 Carati è in definitiva un film che scorre velocemente senza grandi ambizioni, ma che tra attori, produttori di un certo livello (Lorenzo Bonaventura e Mark Vahradian) tematiche importanti appena accennate, vedi il potere economico e il cinismo invasivo di certi media, avrebbe potuto esser qualcosa di più che un thriller tutto popcorn e poco senso critico.
Daniele Finocchi