Ti stimo fratello – Recensione
Una volta appurata la scomparsa della cara e vecchia buonanima della commedia italiana ci apprestiamo ad andare a giudicare quello che è l’ultimo ritrovato in fatto di comicità nostrana, ovvero il percorso intrapreso da quest’ultima, i quali punti di forza sembrano ormai essere incentrati su cinepanettoni, cinecocomeri, e commedie adolescenziali di pessimo livello. I vari cabarettisti, cresciuti in cantine e piccoli salotti di città, una volta fatte le ossa a programmi come Zelig o Colorando, sentono il bisogno imminente di cimentarsi nel cinema, chi con ottimi risultati, chi come nel caso di Ti stimo fratello, ahimè con pessima riuscita. La questione è assai semplice, il pubblico a cui sono simpatici determinati comici, non necessariamente è chiamato a divertirsi o ad apprezzare la retorica di uno sketch o di un personaggio qualora fosse trasportato cinematograficamente. Morale, quello che funziona su piccolo schermo, non sempre è adattabile al cinema.
La storia di questa pellicola, della durata di ben 93 minuti, è quella di due fratelli gemelli, Jonny e Giovanni (entrambi interpretati da Giovanni Vernia), agli antipodi sin da piccolissimi, il primo ha dedicato la sua vita esclusivamente alla house music, all’abbigliamento pacchiano e alla semplicità della sua mente, l’altro laureato ingegnere e figlio modello, lavora nella pubblicità un po’ per necessità e un po’ per amore. Quando nella vita di Giovanni torna l’uragano Jonny, a Milano per sostenere un esame per l’accesso alla Guardia di Finanza, niente è più come prima e tutto viene messo in discussione.
Il film è firmato dallo stesso Vernia, con la collaborazione del suo fedele autore Paolo Uzzi, ed è una pellicola che manca completamente di impianto narrativo, scontata e dai personaggi poco incisivi. Il buon Giovanni Vernia, che ha trovato la sua fortuna televisiva con il personaggio di Jonny Groove, creando il tormentone di “Essiamonoi”e lo stesso “ti stimo fratello”, non convince, calcando troppo la mano su quella che è stata la fortuna di un soggetto, rendendolo noioso e stantio. Solamente i fan del giovane comico troveranno una qualche risata qua e la nella pellicola, per chi invece, cerca disperatamente una commedia scanzonata e simpatica, ci dispiace ma dovrà aspettare. Per quanto riguarda il discusso e tanto citato paragone di Giovanni Vernia a Checco Zalone, se fossi in quest’ultimo, artisticamente parlando, ci rimarrei male.
Sonia Serafini