Ciliegine – Recensione
A primavera cosa c’è di meglio di una ciliegina fresca e gustosa per addolcire il palato? E così mentre la bella stagione è alle porte, sul grande schermo esce Ciliegine, frizzante e garbato debutto nella regia per Laura Morante.
A ben guardare l’attrice italiana fa il pieno: del film è infatti regista, interprete, sceneggiatrice (insieme a Daniele Costantini) e anche co-produttrice (insieme al marito Francesco Giammatteo).
E’ la storia di Amanda (Laura Morante), che ha sempre avuto con gli uomini rapporti complicati, li trova irrimediabilmente inaffidabili ed è sempre pronta a cogliere i segnali certi dell’arroganza, dell’indifferenza, del tradimento. Ogni particolare può diventare una scusa per interrompere le sue relazioni. Secondo Hubert, il marito psicoanalista della sua migliore amica Florance (Isabelle Carré), Amanda è affetta da “androfobia”. Finché, a un veglione organizzato da un’amica di Florance la notte di Capodanno, Amanda incontra Antoine (Pascal Elbé), un uomo che la spinge a cambiare il suo consueto atteggiamento con l’altro sesso. La donna appare tenera, indulgente e per la prima volta sembra instaurare un perfetto feeling con un uomo. Che sia scoppiato un colpo di fulmine? In realtà Amanda è vittima di un equivoco, convinta che Antoine sia gay e quindi innocuo. Quando Florance si accorge del malinteso, il marito la convince a non dirle la verità. Perché l’amica riesca a superare il suo disturbo bisogna che l’equivoco continui e quindi Antoine deve fingersi gay.
Con un occhio a Woody Allen, richiami alla commedia francese dell’ultimo decennio, ma soprattutto con evidenti omaggi all’universo dei fumetti “Peanuts” di Schulz (debito dichiarato apertamente dalla regista), Laura Morante confeziona un dolcetto davvero appetitoso, impreziosito, non da una, ma da tante “ciliegine”.
I turbamenti amorosi di una “androfoba” e le paure che si nascondo dietro a un atteggiamento di impietosa critica nei confronti degli uomini sono il motore della vicenda. E proprio l’errore iniziale, il “furto” dell’unica ciliegina, che campeggia solitaria su una fetta di torta al cioccolato, commesso dal distratto compagno della protagonista durante una cena romantica, innesca la miccia. E la coppia scoppia. Ad accendere un rinnovato interesse della nostra eroina verso l’altro sesso sarà, non a caso, un uomo gentile e solitario, apparentemente diverso (forse in tutti i sensi).
Lo sviluppo degli eventi si basa su una teoria freudiana contenuta nel saggio di interpretazione sul romanzo “Gradiva” di Wilhelm Jensen che convince lo psicanalista Hubert, marito della migliore amica di Amanda, a continuare l’inganno per portare la donna a superare il suo disagio. Il pretesto psicoanalitico ingarbuglia la vicenda quanto basta fino alla finale guarigione (ammesso che sia tale).
La necessità della menzogna per arrivare alla verità dei sentimenti. Una piccola grande verità? Forse, davvero. E magari lo scopo è arrivare all’happy end (sintomatico che l’insegna della casa editrice presso cui lavora la protagonista reciti proprio “Editions Happy End”).
Non c’è dubbio, la bravura e la sensibilità della neoregista vengono fuori da questa commedia che si prende e un po’ in giro scherzando affettuosamente sui cliché del sentimentalismo.
Passeggiate nei parchi, cene romantiche, notti stellate (anche se contemplate da un planetario) e perfino bianche tende di mussola bianca svolazzante aperte su finestre vista mare. Non manca nulla.
Musiche spensierate e dallo stile vagamente ‘alleniano’ di Nicola Piovani, bella fotografia dai toni caldi e interpreti indovinati fanno da contorno a una Morante perfettamente in parte in un ruolo che sembra cucito addosso a lei. Pascal Elbé è un tenero e fascinoso cuore solitario, Isabelle Carré (vista quest’anno in un altro ‘pasticcino’ francese, Emotivi anonimi) è una simpatica amica-confidente, Patrice Thibaud il marito psicoanalista e “deus ex machina” della menzogna terapeutica.
La Morante ha impiegato sette lunghi anni per vedere realizzato il suo progetto, speriamo di non doverla attendere così a lungo per la prossima prova.
Leggerezza, romanticismo e un tocco di psicoanalisi, un film delizioso, come il suo titolo.
Elena Bartoni