American Pie: Ancora insieme – Recensione
Sono trascorsi ben tredici anni da quando gli adolescenti di tutto il mondo si ritrovarono al cinema a ridere della loro generazione, grazie alla avventure di un gruppo di singolari amici, quegli stessi amici che ora sono i protagonisti cresciuti della Reunion della classe 1999!!
Le vite di Jim, Michelle, Oz, Heather, Kevin, Vicky, Finch e Stifler sono cambiate, alle prese con i problemi di tutti i giorni, lavoro, insoddisfazione personale, carriera, crisi matrimoniale, figli e monotonia, così i tempi delle tempeste ormonali oramai sembrano essere solo un ricordo. Eppure, quando si ritrovano tutti insieme per l’immancabile riunione di classe (che solitamente avviene ogni dieci anni), il tempo non sembra affatto essere passato, soprattutto per Stifler, ancorato ai retaggi di una vita adolescenziale senza arte ne’ parte, e ognuno di loro è pronto a ributtarsi nella follia giovanile che armonicamente viene ricreata dalla loro amicizia.
Dal 1999 ne hanno fatta di strada i ragazzi di East Great Falls, da quando entrarono rumorosamente sul grande schermo e una semplice torta di mele, simbolo dell’America nazional-popolare, non ebbe più il suo significato reale, creando quello che fu un vero e proprio filone di commedie adolescenziali incentrate sull’umorismo demenziale e la ribellione sessuale che si vive in quella particolare età. Il primo America Pie dei fratelli Writz fu un vero successo, riportando l’attenzione sui giovani e le loro problematiche, con le prime pulsioni e lo stravagante modo di affrontarle, con situazioni al limite e un linguaggio scorretto e maleducato, che fu prima di allora delle commedie dei primi anni ’80. Tredici anni dopo il primo film e, nove dopo il sequel American Pie: Il matrimonio, la pellicola diretta da Hayden Schlossberg e Jon Hurwitz ripropone la stessa linea guida dei precedenti block-buster, con gag ricche di nudità (Jason Biggs come mamma l’ha fatto), ed imprevisti di tutti i tipi, ma inevitabilmente arricchite dalla maturità dei protagonisti. Ci troviamo, così, inevitabilmente in presenza di un amarcord riflessivo sul futuro e sulla propria identità, che dona alla pellicola un’ ambivalenza narrativa. Da una parte è presente l’eterno spirito della baldoria, del divertirsi e della goliardia, espresso anche dal personaggio di Stifler, e dall’altro è palpabile la necessaria maturazione, l’accettazione del tempo che è passato e la relativa malinconia del “come eravamo” (esplicato soprattutto da Jim). Eppure, il tutto si amalgama alla perfezione in un connubio di risate e riflessioni, insomma, i ragazzi e, i genitori (uno su tutti il meraviglioso padre di Jim), sono cresciuti e cercano insieme di trovare un modo per farlo senza troppi drammi. Il segreto è nascosto in una semplice e basilare realtà, ovvero l’amicizia, che, quando è vera, si rivela essere l’unico veicolo adatto per traghettarti da un’età all’altra conservando sempre lo spirito da ragazzino di un tempo. I veri amici non ti giudicano, sono sempre pronti a consolarti, gioiscono dei tuoi successi e ti spalleggiano nelle difficoltà, anche senza la necessità o possibilità,di sentirsi tutti i giorni, perché la vita a volte non te lo permette. L’empatia è forte, per chi era adolescente in quegli anni e si ritrova a vivere le stesse incertezze e paure dei protagonisti, perché proprio come loro è cresciuto e sta trovando la giusta via verso la maturità, con un salto ogni tanto sull’isola che non c’è, ma anche i ragazzi di oggi sapranno ridere della scalcinata comitiva, perché American Pie ha conquistato più generazioni. Divertente la colonna sonora che mixxa passato e presente, e come in un album fotografico, ci ritroviamo a sfogliare le pagine delle più esileranti esperienze vissute nelle precedenti pellicole.
Sonia Serafini