Cena tra amici – Recensione
Tutto in una stanza, o quasi. Ma il ritmo certo non manca. Una cena tra amici in un appartamento borghese di Parigi come tanti in apparenza ma… con tanto sale in più.
Il pretesto della cena è presto detto. Vincent (Patrick Bruel), agente immobiliare di successo sulla quarantina, sta per diventare padre per la prima volta. Viene invitato a cena dalla sorella Elisabeth, detta Babou (Valérie Benguigui) e da suo marito Pierre (Charles Berling), entrambi docenti. Alla serata è invitato anche Claude (Guillaume de Tonquédec) amico d’infanzia e musicista. Mentre aspettano l’arrivo di Anna (Judith El Zein), la moglie di Vincent perennemente in ritardo, Vincent viene incalzato da tante domande sulla sua futura paternità. Ma quando a Vincent viene chiesto se ha già scelto il nome del bambino, la sua risposta accende una miccia in tutta la compagnia.
In apertura è d’obbligo una critica per la scelta del titolo italiano, questa volta davvero influente. Se è ormai abitudine consolidata banalizzare in lingua italiana un titolo originale, questa volta la “libera traduzione” è davvero penalizzante. Se non addirittura fuorviante. Se da un lato è vero che si tratta di una “cena tra amici”, è altrettanto vero che lasciare il titolo originale Le prénom avrebbe senza dubbio valorizzato l’ottima pellicola. Oltretutto di “cene tra amici” (con o senza cretino) e di “inviti a cena” (con o senza delitto) ne abbiamo visti a decine sul grande schermo, forse troppi.
Qui, più che cenare, si discute (almeno nella parte iniziale) sulla scelta di un nome, scintilla (“granata stordente” come l’hanno definita i due registi) che porta a una lite familiare dalle impensabili conseguenze. Un gioco di intelligenti rimandi ruota sul tema del nome per tutto il film. A partire dai titoli di testa, dove dai nomi del cast sono rigorosamente esclusi i cognomi. Originale l’incipit che segue il percorso di un ragazzo che consegna le pizze a domicilio mentre si raccontano le tristi biografie dei personaggi a cui sono intitolate le strade percorse dallo scooter.
Tratto da una pièce teatrale di Matthieu Delaporte e Alexandre de la Patellière (che ha registrato incassi record in tutti i teatri dove è stato rappresentato) e diretta per il grande schermo dagli stessi autori, Cena tra amici conferma lo stesso cast nel passaggio dal teatro al cinema. Con l’unica eccezione di Charles Berling, new entry nel film nel ruolo dell’intellettuale della gauche francese nonché padrone di casa Pierre.
Divertente fuoco incrociato di battute, una vera giostra verbale, scoppiettante girotondo di equivoci e incomprensioni, efficace quanto impietoso ritratto della media borghesia francese (ma non solo). I bersagli degli autori colpiscono forte, da una parte e dall’altra: da un lato l’élite di sinistra radical-chic e intellettuale che si crogiola nei suoi saldi principi e nel suo background culturale di cui è perfetto rappresentante Pierre e dall’altro una certa destra, ricca, egocentrica, esibizionista, talvolta un po’ ignorante e arrogante perfettamente incarnata da Vincent (ruolo che sembra cucito addosso al poliedrico artista francese Patrick Bruel). Ma tutti e cinque i personaggi sono delle “maschere” che si indossano nella vita quotidiana, ognuno interprete della propria caricatura, personaggi incastrati alla perfezione, leader e “dominati”, almeno fino all’esplosione del “non detto”.
Ancora un dosato mix di leggerezza e intelligenza made in France dopo i felici esiti di pellicole come Quasi amici (che ha fracassato molti record di incassi) e Piccole bugie tra amici.
Un consiglio agli spettatori, non pensate a Carnage, perché, al di là del gruppo di borghesi intenti a discutere in un salotto e destinati a sollevare impietosamente il velo su tante ipocrisie, di similitudini ce ne sono davvero poche. A cominciare dal fatto che nel film di Polanski le due coppie che si incontrano sono composte da quattro sconosciuti mentre qui il quintetto è legato da parentele e amicizie di vecchia data (ma ci si conosce poi davvero così bene?). In questa Cena tra amici si compie un piccolo miracolo di sceneggiatura, riscritta e riadattata magistralmente dai due autori per il grande schermo, che trabocca di risate, boutade efficacissime, colpi di scena, ritmo.
Finale scoppiettante (in tutti i sensi) con sorpresa (e ghigno), fuori dal salotto.
Elena Bartoni