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Izmena – Recensione

Cos’è il tradimento? In cosa consiste? Cosa si tradisce: lo spirito, il corpo, la mente? Oppure è un insieme di tutte queste cose? Il regista Serebrennikov prova a darci la sua personale visione con la pellicola Izmena, in Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.
Un uomo e una donna entrano in contatto per uno di quei strani casi del destino,ovvero scoprendo di essere i coniugi di una coppia di traditori. Dopo lo choc iniziale fra i due si instaura un rapporto alquanto complicato, che li vedrà protagonisti di cose che mai avrebbero pensato di poter fare, anche se Freud avrebbe da ridere a riguardo.
I due provano a rifarsi una vita, ad andare avanti, avanti con l’ombra del passato sempre accanto, un passato che li vuole ancora vicini, complici e sbagliati.
Dove può portarti il dolore, quella stretta allo stomaco che è l’amore quando viene tradito, la consapevolezza e l’impotenza che ti lasciano attonito.Un ampio universo interpretativo si apre davanti questo argomento, lasciando spazio alle varie interpretazioni e punti di vista. C’è un pò di tutto in Izmena, un film doloroso, che parte silenzioso e con qualche battuta comica inserita leziosamente a voler smorzare i toni, come a volerci ricordare che la vita è così, va tutto bene e poi un giorno improvvisamente accade qualcosa, quel qualcosa che cambia le cose per sempre, come cita la protagonista.
Un regista talentuoso Serebrennikov, già abituato al clima della laguna e vincitore del primo Festival di Roma, che apre le danze di questa 69esima edizione con il compito di essere il primo film in Concorso, scegliendo come sfondo i toni freddi di gelide mattinate, un sole cupo che non scalda nessun cuore, una sorta di mondo parallello in cui queste anime perse giocano a nascondino con se stesse, scappando dagli specchi e dalla realtà, bensì, creandone una propria. Sicuramente le intenzioni del regista erano quelle di esemplificare un tema duro e complesso come quello delle relazioni umane, e qui del tradimento, attraverso una satira grottesca, e nella prima ora ci riesce non deludendo le aspettative, ma rimane poi un’altra ora nella quale si perde attraverso troppi “finali mancati”, sfocando i contorni dei rapporti instaurati, in un filo narrativo troppo intrecciato e confuso, mischiando troppo le carte senza alcuna mano vincente. Peccato.

Sonia Serafini
 

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