The Iceman – Recensione
Fuori Concorso – Mostra Internazionale d’arte cinematografica, 69esima edizione.
Biografia di un uomo di ghiaccio, un serial killer senza scrupoli, amante del focolare domestico, un’ambivalenza caratteriale inconciliante in un corpo solo, eppure reale, è la storia di Richard Kuklinski. Uno dei più noti assassini della storia degli Stati Uniti, che ha “vantanto” al suo attivo circa cento omicidi su commissione, che faceva il lavoro sporco per conto di un boss della malavita, e poi tornava a casa dalla moglie e le due figlie. Un uomo che si è guadagnato tale appellativo proprio per il suo essere impassibile, imperscrutabile e sadico nel momento dell’omicidio. Un film raccontato, quello del giovane Ariel Vromen, attraverso gli occhi dello stesso Kuklinski, la cui sceneggiatura ha preso spunto dal libro The Iceman: True story of a cold-blooded killer di Anthony Bruno, ma che ha preferito concentrarsi più sulla sua personalità piuttosto che sui suoi crimini, sull’uomo e le sue sfaccettature, i suoi lati bui, le sue reazioni, come dichiarato dallo stesso regista in conferenza stampa.
Vediamo un perfetto Michael Shannon alle prese con una bipolarità caratteriale, che spesso gli fa scattare i nervi, un uomo che ama la sua famiglia, e la sua integrità, ma che non si fa scrupoli a tagliare un uomo a pezzi e poi congelarlo per svariati mesi come depistaggio ad un’eventuale indagine. Un personaggio pauroso, complesso, che ha potuto offrire all’attore molta libertà d’azione, come ha raccontato lui stesso, dandogli modo di creare una scena nel momento in cui si stava girando, improvvisando patos e mimica facciale, caratterizzata da quel sorriso freddo e tirato di un uomo di ghiaccio.
E’ una pellicola che tiene bene l’attenzione dello spettatore, un perfetto thriller drammatico, il cui difetto, se così si vuole chiamare, è quello di non aver inventato nulla di nuovo, non stupisce se non per l’interpretazione dei suoi protagonisti, basti pensare che ad Hollywood se c’è l’idea di un film sulla criminmalità c’è già il nome di Ray Liotta.
Ritroviamo con piacere una bellissima e sempre brava Winona Ryder, nelle vesti della moglie di Kuklinski, che un pò gioca a nascondino con la verità, sospetta ma non sa, immagina ma non approfondisce, accetta e gioisce dei regali costosi, pur provando un sentimento autentico per l’uomo misterioso che ha accanto.
Un regista promettente, Vromen, a cui va il merito di aver strutturato una sceneggiatura serrata, che trasmette una tensione percepibile durante tutto il film ma che esplode a tratti, calibrata nei momenti opportuni senza risultare scontata. Se solo avesse osato di più, rotto gli schemi, anche se forse la colpa di tale critica deriva semplicemente dall’inflazionato genere. All’interno del cast anche un irriconoscibile Chris Evans che sveste i panni del supereroe per indossare quelli di uno spietato killer, e un cameo di James Franco, solito a queste incursioni.
Sonia Serafini