Disconnect – Recensione
Fuori Concorso – 69. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia
Nel mondo di oggi, la realtà virtuale è sempre più radicata nelle nostre abitudini. Tutti noi abbiamo un profilo Facebook, una mail, una chat, twitter, e uno smartphone per essere sempre raggiungibili e collegabili. Viviamo e restiamo in contatto con chiunque vogliamo e i rapporti verbali fra persone si stanno limitano sempre più. Il tema che fa da filo conduttore per tutto il film è proprio questo, la rete, la comunicazione degli anni 2000.
La trama oscilla in maniera parallela con tre storie diverse, c’è una coppia che si è smarrita il momento in cui hanno perso il loro bambino, due adolescenti che giocano con i sentimenti di un coetaneo dalla personalità fragile e una reporter a caccia dello scoop, che lo trova nella storia di un camboy (sesso a pagamento via internet), finendo con il volerlo salvare a tutti i costi. E’ difficile trovare se stessi, comunicare i propri disagi, i periodi no della vita e spesso chi ci sta accanto è proprio la persona con la quale tacciamo di più, allora uno sconosciuto, paradossalmente, diviene il nostro confidente, qualcuno con cui parlare e condividere il dolore. L’adolescenza, il liceo, la spietata cattiveria dei ragazzi a quell’età, la fragilità di alcuni di loro e la voglia di amare, di provare quel sentimento forte tanto decantato. La carriera, l’emancipazione lavorativa che portano a scontrarsi con realtà completamente differenti che volenti o nolenti ti inghiottiscono. Tutto questo è Disconnect, un dramma strutturato su un gruppo di persone alla ricerca di rapporti umani nel mondo di oggi. Con una sceneggiatura alla Crash, il giovane regista Henry-Alex Rubin ci mostra un racconto corale con tante storie che si intrecciano, facendoci rendere conto di come oramai la rete abbia invaso le nostre abitudini e la nostra quotidianità. Ottima l’intuizione di proporre un tema così attuale e articolarlo in maniera che le singole storie si mischino fra loro senza però cadere nello scontato. A mio avviso si perde leggermente nel finale con un eccesso di buonismo, ma la regia, tenendo presente che si può benissimo considerare come un’opera prima, è molto ben calibrata, giocando spesso con la chat che occupa la scena fra i personaggi che la compongono. Nel cast Jason Bateman, Hope Davis, Alexander Skarsgard, Paula Patton e Andrea Riseborough.
Sonia Serafini