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Cogan – Killing Them Softly – Recensione

Fenomenologia di un killer in tempo di crisi. Una crisi economica che investe un Paese intero e quindi anche le sue organizzazioni mafiose, comandate dalla logica del capitalismo.
E proprio il capitalismo è il principio base: “L’America non è una nazione, è soltanto un business”, questa frase pronunciata dal sicario Cogan a chiusura del film, sembra una chiara quanto pessimista dichiarazione del regista sulla più grande democrazia occidentale.
Jackie Cogan (Brad Pitt) è un killer professionista che viene chiamato dalla mafia per rimettere a posto le cose dopo che due piccoli criminali di mezza tacca, Frankie (Scoot McNairy) e Russell (Ben Mendelsohn), hanno svaligiato una bisca clandestina durante una partita di poker. Secondo i piani, la colpa doveva ricadere sul gestore del locale, Markie Trattman (Ray Liotta), per via di un suo errore del passato. Ma le cose si complicano e Cogan deve intervenire per eliminare i due criminali e ristabilire l’ordine gerarchico all’interno della malavita.
Presentato all’ultimo Festival di Cannes, il film è l’adattamento dell’omonimo romanzo pubblicato in Italia nel 1974 col titolo di “Cogan’s Trade” di George V. Higgins, giornalista di cronaca nera e poi procuratore distrettuale entrato nella storia della letteratura poliziesca con il romanzo “Gli amici di Eddie Coyle” da cui nel 1973 Peter Yates ha tratto un bel film con Robert Mitchum.
Nelle mani del regista neozelandese Andrew Dominik (che nel 2007 ha diretto Brad Pitt nel film L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford) la storia di un killer che lavora solo per il business (nessuna vendetta o interesse personale) diventa un crime movie dal forte odore di sangue con chiari riferimenti alla politica contemporanea. La crisi economica degli Stati Uniti all’epoca del passaggio dalla presidenza Bush a quella Obama nel 2008 (il bombardamento mediatico, da radio e TV, dei discorsi dei due candidati fa da sottofondo quasi onnipresente) è il fil rouge che percorre tutto il film rendendone fin troppo palese l’intento didattico.
Storia decisamente ‘pulp’ percorsa da dialoghi fiume e da poche e violente scene d’azione, Cogan, sottotitolo Killing Them Softly, dipinge con efficaci pennellate noir la corrispondenza tra le dinamiche malavitose e le meccaniche del capitalismo, portando avanti su due binari paralleli gangster movie e riflessione socio-economica. Nel sottobosco criminale di New Orleans si nasconde il marcio di un’intera nazione. Gli Stati Uniti della crisi sono così perfettamente rappresentati nell’allegoria dell’organizzazione criminale in bilico e verso il collasso economico.
Gli attori sono tutti perfetti, da un Brad Pitt davvero convincente nella sua caratterizzazione del killer perfezionista che ha come parola d’ordine “uccidere dolcemente” a sangue freddo, alla sua spalla in lunghe sequenze dialogate Richard Jenkins, un avvocato che funge da intermediario con la cupola mafiosa, fino a Ray Liotta nelle vesti del gestore del locale dove si compie la rapina e James Gandolfini che presta volto e fisico massiccio alla figura di un killer sboccato dedito all’alcool e alle prostitute. Una menzione a parte meritano i due più giovani e meno conosciuti Scoot McNairy e Ben Mendelsohn nei panni dei due criminali ‘sporchi-e-sbandati’ autori del colpo nella bisca.  
Alla fine dei conti Cogan resta un efficace anche se un po’ verboso noir della crisi, collocato in uno scenario insolito che a tratti può sembrare onirico. Ben recitato, è impreziosito da dialoghi acuti e da alcune sequenze “nerissime” girate con mano ferma e condite da un sapiente uso del ralenti (una per tutte, il pestaggio sotto una pioggia incessante). Non male come rivisitazione di un genere e come deriva ‘tarantiniana’ con una spruzzata di attualità politico-economica.

Elena Bartoni
 

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