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Oltre le colline – Recensione

Cristian Mungiu, dopo l’indimenticabile 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni, che nel 2007 gli fece tributare la Palma d’oro al Festival di Cannes, è tornato quest’anno sulla Croisette con Dupa dealuri (Oltre le colline, il titolo italiano, è tradotto letteralmente da quello inglese Beyond the hills), riscuotendo l’ennesimo successo al festival con il Premio alla miglior sceneggiatura e le Prix d’interprétation féminine ex aequo per le due protagoniste Cosmina Stratan e Cristina Flutur. La carriera di Mungiu, che inizia come aiuto regista del connazionale Radu Mihăileanu nel film Train de vie – Un treno per vivere del 1998, è caratterizzata da una cinematografia che si spinge costantemente verso tematiche forti e controverse, come il tema dell’aborto illegale e la fine del regime di Ceau#1;escu in Romania, e lo fa alternando pellicole dai toni evidentemente più seri a vere e proprie commedie.

Alina torna dalla Germania per convincere Voichita ad andare via con lei dalla Romania. Le due donne sono cresciute insieme, e si sono amate incondizionatamente. Ma Voichita si è rifugiata in un monastero, nel quale ha trovato Dio, e Dio è l’amante dal quale è più difficile separarsi.

Una storia di solitudini e profondo ma consapevole isolamento, dove quella che apparentemente può sembrare la cornice geografica nella quale si colloca la vicenda, ovvero le colline del titolo, è invece parte fondante del processo narrativo del film. I silenzi che si perdono nella vastità del luogo nel quale è abbarbicato il monastero, un micro universo sì di riflessione interiore ma anche di perdita della propria personalità, fanno da controcanto emotivo rispetto alla necessità di “esplosione” di Alina che lotta con tutte le sue forze per liberare Voichita da questo impasse.

Partendo da un soggetto ben scritto e che scava approfonditamente nelle dinamiche del culto religioso portato all’eccesso, due ore e mezza appaiono troppe e si fanno sentire, vuoi per l’eccessiva dilatazione e scansione degli eventi, vuoi per non saper cogliere il momento giusto per mettere il punto o la parola fine al film.

Candidato per la Romania alle prossime nomination agli Oscar, il film ha comunque in sé un intrinseco coraggio, che vale la pena non sottovalutare.

Serena Guidoni
 

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