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L’isola dell’angelo caduto – Recensione

Prospettive Italia – In concorso

Un’isola sinistra, misteriosa, diabolica. E’ L’isola dell’angelo caduto, esordio alla regia dello scrittore Carlo Lucarelli tratto da uno dei suoi romanzi di maggiore grande successo, sceneggiato dall’autore insieme a Giampiero Rigosi e Michele Cogo.
Siamo nel 1925 negli anni dell’ascesa di Mussolini su un’isola abitata da un costante vento e da strane apparizioni, ora colonia penale del regime fascista. Sulla sperduta isola arriva un commissario, accompagnato dalla moglie, che si trova a indagare su una serie di strani delitti dai risvolti politici rischiosi. Contro di lui si schierano le autorità locali rappresentate dal violento Mazzarino che vorrebbe far accettare al commissario la comoda versione ufficiale di quei delitti.  E’ chiaro che se il commissario accetterà la comoda versione ufficiale potrà lasciare presto l’isola. Ma se invece, assalito da dubbi e sospetti, continuerà a indagare, resterà confinato sull’isola. Ma sua moglie Hana vive con crescente disagio il soggiorno in quel luogo così surreale e inquietante e rischia di impazzire. Il commissario è costretto a scegliere tra l’amore per sua moglie e il desiderio di scoprire scomode verità.
“Un thriller storico ma anche gotico, fantastico, diabolico”: la definizione dello stesso Lucarelli fotografa in pieno un film indubbiamente particolare dalla forte componente metaforica. A più livelli. L’isola, il diavolo, il male, misteriosi personaggi, un tempo che sembra scorrere in maniera diversa rispetto al continente, un vento costante che soffia da parti diverse senza prendere mai una direzione. Man mano che la narrazione procede, tutto prende sempre più una dimensione surreale. Il film si offre a un’interpretazione metaforica in un duplice senso, esistenziale e politico. Il commissario si trova isolato e di fatto di fronte a un bivio: seguire la strada più facile, la versione ufficiale dei fatti, oppure avere il coraggio di prendere decisioni più scomode. Un tema prepotentemente attuale con un evidente il richiamo alla realtà del presente del nostro Paese dove davvero forse dovremmo chiederci se sia giusto lasciare da parte la strada più comoda degli interessi personali per fare davvero quello che è giusto fare.
Affascinante miscuglio di generi, linguaggi, suggestioni, il film, come il romanzo, è ricco di riferimenti pittorici, fumettistici, musicali.
Gli influssi cinematografici sono tanti e illustri, primo su tutti Martin Scorsese e il suo Shutter Island, ispirazione dichiarata da Lucarelli. Come quella del maestro americano, anche la sua è un’isola “che non c’è”, un posto che non esiste davvero, un’isola creata dal nulla, il risultato del lavoro di effetti speciali ‘ad hoc’ che hanno dato vita a un posto così inquietante.
Non tutto fila però e nella parte finale il film zoppica un po’, ma l’idea resta buona anche se un po’ tropo confusa nel suo voler intersecare una storia dalle derive esoteriche con riferimenti alla Storia con la “S” maiuscola.
Resta comunque l’intenzione di voler essere fedeli a un intento, riassumibile in quella “diabolica magia” efficacemente tradotta in immagini e dichiarata dall’autore come chiave di volta con cui raccontare una storia. E la fiducia verso una scelta precisa di linguaggio non si può negare a un autore la cui onestà intellettuale è dote indiscutibile.

Elena Bartoni

 

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